Il paradosso è che – umore di Aurelio De Laurentiis a parte, difficilissimo da sondare – l’intervento della magistratura contabile che ha congelato oltre 5 milioni alla Società sportiva, soldi che dovrebbero andare al Comune per canoni che vanno dal 2006 al 2012 e via via fino a oggi, potrebbe accelerare la partita del dare e dell’avere tra le parti. Un arbitro terzo come la magistratura contabile, e dunque la Corte dei Conti, che ha il solo scopo di tutelare il bene pubblico – e il San Paolo è uno stadio di proprietà del Comune – potrebbe dirimere tutte quelle questione appese che la politica non è riuscita a sanare. Dal punto di vista di una gestione «normale» è una occasione persa per tutti.
«Ben venga la Corte dei conti – spiega Attilio Auricchio capo di gabinetto del sindaco – i nostri atti sono a disposizione e trasparenti. Molto di quello che è in esame è relativo a passate gestioni. Per noi non cambia nulla e continueremo a trattare con il presidente per chiudere la transazione e poi mettere mano alla nuova convenzione».
Tre anni di faccia a faccia e incontri, di vertici e di litigi furiosi con relative riappacificazioni un po’ di facciata e un po’ di sostanza, non hanno ancora prodotto la fumata bianca. Ora la questione del contenzioso sullo stadio San Paolo, la partita del dare e dell’avere finisce innanzi ai giudici. L’ultimo contatto tra il sindaco Luigi de Magistris e De Laurentiis risale a due settimane fa, la fumata bianca sembrava davvero vicina, poi è arrivata la sciabolata della Corte dei conti. Sullo sfondo resta la nuova convenzione – quella in essere scade a giugno – un passo determinante per chiarire chi fa cosa, di qui ai prossimi anni, tra società e Comune, che però può essere chiusa solo se la transazione economica sarà finalmente a sua volta chiusa. Il contenzioso economico fra club e Comune rende i ragionamenti sul revamping della struttura di Fuorigrotta molto sfumati, privi di concretezza. La convenzione è il vero rompicapo. Ci si lavora da mesi senza trovare la soluzione, certo è che il Comune ha messo in bilancio 3,8 milioni. Non risultano, tuttavia, versamenti da parte del club al Municipio napoletano. Di qui l’iniziativa del sequestro conservativo della magistratura contabile. Che si somma allo stop al piano di rientro finanziario di Palazzo San Giacomo sempre della Corte dei conti che certo non agevola le transazioni.
Ora quello che serve al Napoli calcio è la convenzione perché deve comunicare agli organi competenti della Figc dove gli azzurri giocheranno la prossima stagione agonistica. E il club deve dare indicazione soprattutto alla Uefa per la partecipazione alle manifestazioni internazionali. Senza una nuova convenzione che comprenda anche la prossima stagione il Napoli è – in linea teorica – senza casa sportiva. Higuain e compagni potrebbero non avere uno stadio dove esibirsi. Fare una convenzione a lungo termine, per la problematica del dissesto è difficile se non impossibile. L’ipotesi più probabile potrebbe essere quella di una proroga della convenzione in essere senza assumere altri impegni, se non quello dell’utilizzo dello stadio da parte degli azzurri. Una proroga per un anno o fino a quando non sarà chiarita la questione dissesto. Va da sè che questa soluzione congelerebbe, e per molto tempo ancora, ogni progetto che riguarda il restauro e il rilancio della struttura di Fuorigrotta. Così come paradossalmente la questione della Corte dei conti potrebbe accelerare un accordo che da tre anni non si riesce a trovare. Proprio perché la magistratura contabile esige chiarezza nel bilancio dello stadio occorre chiudere prestissimo la partita. In linea teorica se non si riuscisse fare la convenzione il Napoli calcio potrebbe avere di volta in volta il permesso di giocare al San Paolo, uno scenario che nessuno si augura. la società vive programmando i propri impegni non ipotecando il futuro alla giornata. Ecco perché non è da escludere che questa volta De Laurentiis davvero possa sentire le sirene di chi lo invita a costruire uno stadio ex novo su terreni fuori dalla città, a Caserta, ad Afragola, a Marano e ovunque gli diano la possibilità di avere le mani libere. Paradosso per paradosso l’anno scorso il Napoli aveva lo stadio e non l’agibilità. Oggi c’è l’agibilità e non la certezza di sfruttarla.
Fonte: Il Mattino