La notizia più notevole della serata del ritorno del Napoli in Europa è il reperimento di un nuovo eponimo: dopo il gomito del tennista e la lombalgia del camionista, ecco a voi il ginocchio del portiere. Si tratta di una particolare sindrome evidentemente contagiosa che colpisce gli estremi difensori azzurri, anche in rapida successione. Non sappiamo se l’anziano Colombo o il giovanissimo Contini, i due professionisti che completano la rosa nel ruolo, abbiano già dei malesseri; ma se fossimo in loro ci guarderemmo da gesti pericolosi quali, per esempio, scendere le scale di corsa o salire sull’autobus della squadra facendo perno su una sola gamba.
Scherziamo, ovviamente; ma quando ieri abbiamo visto l’ottimo Rafael, protagonista di una prestazione maiuscola, accusare il dolore che ha reso necessaria la sostituzione, abbiamo tremato al pensiero che Reina, il titolare, non avrebbe nemmeno dovuto essere convocato proprio perché vittima di un dolore alla stessa articolazione. Peraltro l’ingresso dell’estremo spagnolo, ancorché in precarie condizioni, non ha cambiato il ritmo e la tonalità della compassata sinfonia che la banda di Benitez, ombra di quella scintillante che suonava il rock contro Milan, Roma e Sassuolo, andava intonando dall’inizio del match. E infatti, il portiere, sia esso brasiliano o iberico, è stato senza dubbio il migliore in campo.
Cosa sarà mai successo? L’avversario, certo; che con tutto il rispetto per le suddette connazionali, e pur versando in cattive condizioni in campionato era pur sempre una squadra di Premier League che giocava in casa e si vedeva. Il palleggio e la corsa, nonché l’attenzione difensiva, dello Swansea sembravano superiori e infatti il tifoso azzurro in pigiama e pantofole, nello spegnere la tv e nel guadagnare il letto, può sentirsi senz’altro soddisfatto per un risultato obiettivamente ottimo, soprattutto per come si era messa. Così come può riflettere, il tifoso, sul fatto che Inler senza Jorginho è decisamente un altro giocatore, come Dzemaili senza Behrami, e le due guardie svizzere compongono sicuramente la peggiore delle coppie di centrocampo che il Napoli può oggi esibire; e può dire, il tifoso, che Reveillere mette una certa malinconia così come Britos, entrambi amletici e dubbiosi nell’interpretare il proprio ruolo. Stavolta però anche la cosiddetta fase offensiva era ben lungi dallo scintillare. Capita, può succedere, non c’è da preoccuparsi anche perché come si diceva la qualificazione è ampiamente alla portata e la cavea bollente di Fuorigrotta farà sicuramente la sua parte nella costruzione di un gran risultato; perché il Napoli di Benitez non è quello di Mazzarri dell’anno scorso, che proponeva un’impresentabile compagine di riserve depresse e annoiate sulla platea europea, e prendeva una serie di schiaffoni dai cechi del Viktoria Plzen. Tutto si potrà dire, tranne che il tecnico spagnolo metta frequentemente il tifoso azzurro in condizione di vergognarsi. La danza delle partite, si sa, in questo periodo si fa intensa come una vorticosa tarantella e le rose incomplete mostrano la corda più facilmente; si è costretti a esibire i sostituti, spesso tanti e tutti insieme, e la solidità delle squadre è messa a dura prova. Se in queste circostanze si porta a casa la pelle senza danni eccessivi, c’è decisamente da essere soddisfatti. Tanto al ritorno, qui in riva al golfo, ci siamo noi.
Fonte: Maurizio De Giovanni, Il Mattino