Poi alla fine i conti non tornano: perché sommando il Parma all’Udinese e il Chievo al Genoa (e senza spingersi al di là del San Paolo), la verità è una ferita che spacca in due la classifica e lascia rimpianti, ma quanti. Il Napoli che non t’aspetti è un fulgido esempio di contraddizione in termini: quarantacinque minuti a bearsi, a giocare in verticale o a palleggiare in orizzontale, a deliziare in punta di piedi; e poi l’altra metà del cielo d’una notte, imbucato nelle ombre di se stesso, d’una fatica che si scorge e che non si può fronteggiare con soli tre cambi. E’ una questione di gambe, probabilmente di testa, è un appannamento collettivo che non pregiudica il progetto ma che complica la vita, esercizio al quale sembra consegnarsi quel Napoli improvvisamente sfiorito, pressato dal Genoa che allarga il proprio campo e che lascia accendere una spia fatalmente ignorata. Il calcio è scienza talvolta esatta, che asseconda le sensazioni trasmesse dal campo: e in quell’involuzione atletica, figlia d’un calendario ossessionante, però (eventualmente) governabile, c’è il limite d’una squadra che non ha nelle corde la capacità di domare se stesso, il proprio istinto, dunque di gestire.
E’ la natura stessa del Napoli che lo proibisce, nonostante la dedizione degli esterni che vanno a comporre l’allineamento del centrocampo: ma il codice-Benitez, dunque gli insegnamenti e le ripetute e poi la vocazione, spingono non a frenare se stesso, ma ad assecondarsi. L’umiltà del Genoa – e però anche la versatilità di Gasperini ed il suo coraggio a non indietreggiare – spingono il Napoli a riflettere sulla propria (occasionale) concezione, su una interpretazione che apparentemente pare ispirata più dalla condizione che da una scelta libera di starsene lì, per attendere poi ripartire: perché il paradosso, è nella fragilità delle ripartenze, peraltro negate da un avversario lucidamente in grado di non sfaldarsi, anzi di raccogliersi tra le linee. Poca gamba, però anche pochissima lettura d’una partita che stava sfilando via, che cominciava a nascondere insidie da decodificare da chi sta studiando da «grande». Il pareggio con il Genoa va ad aggiungersi a una serie di incidenti di percorso disseminati qua e là nel corso di un’annata che resta densa, che consente già dopodomani di rimettersi in piedi e guardare con ottimismo al futuro: però restando fedeli ad un cliché che Benitez ha imposto sin dal primo giorno e che prevede di osare. Perché i calcoli non appartengono al codice genetico del Napoli.
FONTE Corriere dello Sport
Articolo modificato 25 Feb 2014 - 08:34