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Una Serie A strana quella di quest’anno. La Juve di Conte, seconda panchina d’oro consecutiva, sembra quasi fare un campionato a sè. Un monologo fin troppo impeccabile  quello dei bianconeri, quasi da sfociare nella monotonia.

Ed è così che la sfida più accesa, più interessante, si sposta un gradino più in basso; riflettori puntati  su un derby del sole mai stato così accattivante. E ad incarnare in pieno il senso di questa sfida ci sono loro: Benitez e Garcìa, i due condottieri, due indiscussi protagonisti di questa stagione. Legati da anni da un rapporto di grande stima reciproca, da uno stage dove Benitez – allora tecnico del Valencia – non fu certo avaro di consigli nei confronti del collega, e che anzi l’attuale tecnico giallorosso ricorda con grande riconoscenza.

Non poteva essere altrimenti, le similitudini si sprecano, serietà e competenza fuori dall’ordinario, un aplomb che quasi cozza con l’isteria del calcio moderno. Il destino li fece incontrare per la prima volta nella stagione 2009/2010: ottavi di Europa League, Rudi stava costruendo il suo Lille del doublè , Rafa chiudeva il suo meraviglioso ciclo al Liverpool. A spuntarla fu lo spagnolo  al termine di una doppia sfida anche allora spettacolare.

Così vicini, Garcia inoltre vanta orgogliose radici andaluse, ma nell’attuale parentesi italiana anche parecchio lontani. Rafa dall’alto della sua personalità, del suo curriculum, della sua bacheca strabordante di trofei è arrivato a Napoli accolto in trionfo con un intento preciso: fare una rivoluzione.

Importare in un campionato come quello italiano, quanto mai ostile alle innovazioni e alle aperture, la sua mentalità. Un calcio costantemente propositivo, una valorizzazione maniacale del potenziale offensivo a dispetto degli esasperati tatticismi dell’italico pallone.

Un progetto ambizioso, che agli inizi non può che incappare in alti- vedi cammino esaltante nelle coppe –  e bassi, i tanti punti persi con le piccole in campionato. Ma che il tecnico azzurro prosegue caparbio con la consapevolezza di chi sa di essere nel giusto.

Garcìa invece è arrivato a Roma in sordina, tra le contestazioni del raduno a Trigoria e qualche mugugno di troppo, ed ha stupito tutti. Ha mostrato una conoscenza impeccabile del calcio italiano, neanche fosse uscito dai banchi di Coverciano, costruito una squadra caratterizzata da una fase difensiva rocciosa,centrocampo solidissimo e ripartenze devastanti. Favorito indubbiamente dal non partecipare alle coppe europee  ha avuto un cammino in campionato inaspettato, quasi stupefacente, sminuito solo dalla già citata Juventus dei record.

Ovvio quindi che le sorti dei due tecnici dovessero incrociarsi con sfide da incorniciare e mai banali. Del resto è cronaca recente: la vittoria all’andata dei giallorossi in campionato, la spettacolare andata della semifinale di Coppa Italia da molti riconosciuta fra le partite più belle dell’anno, ed il 3-0 della sfida di ritorno  “la partita perfetta del Napoli targato Don Rafè”. Una sfida divenuta ormai un classico di questa stagione, e che troverà il quarto ciak nell’incontro di domenica sera al San Paolo. Partita di indubbia importanza, quasi fondamentale vista la classifica(Roma a + 6 con un incontro da recuperare), una vera e propria finale con in gioco  la lotta per l’accesso diretto in Champions League.

Non ci resta che attendere e, ne siamo sicuri, essere pronti a stropicciarci gli occhi. Del resto Rafa e Rudi sono una garanzia.

 

Edoardo Brancaccio

Articolo modificato 10 Mar 2014 - 01:25

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