Come, quando e perché: è un piano in più mosse che nasce da lontano, da molto lontano (sei punti ed una partita in più rispetto alla Roma, dunque distacco potenziale di nove); e mentre l’eco d’un boato terrificante va spegnendosi, ciò che resta del San Paolo, della sua forza trascinante, della caparbietà di crederci sempre, è la possibilità ora concreta d’allestire l’operazione sorpasso. Difficile, vero; non più impossibile.
FORMATO ESPORTAZIONE – Undici partite, ovvero trentatré punti: però anche sei trasferte, chiaramente di varia difficoltà, complesse, complicate, qualcuna temibilissima, dovendo misurarsi con un ex particolarmente motivato. Il Napoli da viaggio è però una garanzia, sette vittorie confermano la vocazione d’una squadra nata per stupire: e tra quei blitz, giova ricordarsene, ci sono le prove di forza di San Siro (con il Milan) o quella (però anche fortunosa) di Firenze e poi lo show (2-4) all’Oimpico con la Lazio e l’autorevolezza di Verona (0-3).
IL PRINCIPINO – Si può fare, chiaro: ma ritrovando gli equilibri e, innanzitutto gli uomini; recuperando dunque la catena di sinistra e i talenti che fanno la differenza; riconsegnandosi ad Hamsik, alla sua leggerezza, alle capacità di lettura ed alle diavolerie e comunque alla sua genialità soppressa, finita in un cunicolo con l’infortunio e da quel dì mai compiutamente riemersa. Si può fare, se Hamsik ricomincia a segnare (ultima rete, quasi un girone fa, in casa con il Catania) ma anche se Zuniga riuscisse a garantire almeno un bimestre di diagonali e di sovrapposizioni (ultima presenza, oltre un girone fa, contro il Genoa). Hamsik e Zuniga, i tormenti d’una stagione accidentata, ricca d’infortuni (traumatici, quasi mai muscolari) e anche Mesto, chiaramente.
LA COOPERATIVA – Cinquantadue reti in campionato: undici in meno della Juventus; nove nelle quattro partite di Coppa Italia; tredici nelle otto tra Champions ed Europa League. I numeri hanno un’anima, non mentono, sottoscrivono la «natura» del Napoli, la sua capacità di correre in avanti, a testa alta, di provare l’assalto a suon di gol. La media è un inno alla gioia: 2,11 e l’intenzione, avendone la possibilità (persino statistica) e di superare quota cento. Perché per far fuori i secondi attuali, serve sempre una rete in più degli avversari. Settantaquattro volte Napoli in trentanove partite e soltanto in sei circostanze (a Roma, con la Juventus, con il Parma e l’Atalanta; a Londra e con l’Arsenal), la consegna del compito in bianco: se non è pure questa una forza…
L’ABITUDINE – Si scrive Rafa e si traduce ovunque: il Napoli come il Chelsea è l’idea di sempre, occultata attraverso le frasi di rito; però, un anno fa, pur nella precarietà d’un contratto a termine, nell’inferno di uno Stamford Bridge mai seriamente allineato: fu Europa League e qualificazione in Champions diretta. E’ il metodo-Benitez, dunque: giocare, giocare, giocare sempre («a me non piace stare in poltrona a guardare gli altri, al martediì, al mercoledì o al giovedi») e il calendario che sembra una ghigliottina in realtà è una finestra spalancata sui propri obiettivi. Ad ora, sino a maggio, sarebbero quattrodici partite ancora assicurate; e però se poi procede la sfida in Europa… «No problema, meglio giocare».
Fonte: Il Corriere dello Sport
Articolo modificato 11 Mar 2014 - 12:36