Ecco come: con l’ausilio del pugno semichiuso davanti alla bocca a fare da cassa per far risuonare lo sberleffo. Brevissimo e con gli occhi là sopra che brillano e irridono. Sui social i fan azzurri si sono scatenati negli osanna presidenziali: «Quella pernacchia era giusta!», e «Grande presidente» hanno scritto in molti nei commenti sul sito del Mattino che ieri ha rilanciato il video di quello che a molti è sembrato, per l’appunto, una pernacchia. O meglio, un pernacchio. Una specie di gran marameo.
Lo stesso Aurelio De Laurentiis, d’altronde, nell’inverno del 2006 aveva finanziato con la sua Filmauro il restauro di quel capolavoro del cinema italiano che è stato, ma che è ancora, «L’oro di Napoli». Tra gli episodi spicca quello che vede Eduardo De Filippo interpretare don Ersilio Miccio.
E De Laurentiis, alla prima al San Carlo dell’opera recuperata, tra i vari aneddoti ne raccontò uno che serve a capire un po’ quello che è successo domenica sera al San Paolo. «Adoro tutti gli episodi del film di Vittorio De Sica ma in particolare quello con il pernacchio di Eduardo. Una fortissima risposta alle prepotenze, un simbolo che ha condizionato tutta la mia infanzia, visto che a scuola mi esibivo in pernacchioni che mi hanno procurato più di una punizione», disse.
A differenza delle pernacchie (o dei pernacchi) di Eduardo, quella – solo presunta – di Aurelio De Laurentiis è sorda e non mostra la lingua. Ma domenica sera è stato un altro giorno memorabile da cerchiare di rosso nel diario calcistico: lo sfottò sonoro che irrompe dal teleschermo, sostituisce il commento e qualsiasi tipo di tweet che tanto va di moda. Compare sulla faccia muta del leader del Napoli. Che, più eloquente di ogni altra pensosa considerazione, fa prrr, e mettiamo pure la palla al centro.
«Siamo rimasti in tre o quattro a Napoli, quindi in tutto il mondo, a saper fare il pernacchio», diceva Eduardo. Non è mica facile. «Bisogna esercitarsi», spiegava nell’«Oro di Napoli»: e poi fra pernacchia e pernacchio c’è una bella differenza.
La pernacchia – quella di Sordi agli operai, ne «I Vitelloni» – la sanno fare anche i bambini dell’asilo, appunto. Ma il pernacchio, no: secoli di storia alle spalle, ecco quello che serve. È una tecnica complessa, per un gesto che esprime «disprezzo per la superbia e l’arroganza altrui – dice la Treccani – e derisione di situazioni o comportamenti retorici». (Fonte: Il Mattino)
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