«Deve responsabilizzarsi di più, deve dire: Io sono qua». E lui c’è, eccolo. Ci mette la faccia. La rimette. Di nuovo. L’aveva fatto a Oporto, e quelle parole sono state un j’accuse. Un gesto di onestà intellettuale. Umiltà, coraggio e pure personalità di chi troppo spesso viene accusato di non averne. Marek Hamsik a cresta alta. Benitez lo stimola, lui reagisce. Per ora a parole, aspettando il campo. Non scappa. Sente l’affetto della gente, è consapevole del suo valore, sa che può venirne fuori e tornare se stesso: quel ch’era, quel che è. «Tocca soltanto a me adesso. Devo ritrovarmi, rifare le cose che ho sempre fatto. E’ un momento difficile, sono però certo che passerà in fretta». Un filo di voce che fa comunque l’eco. Il “Tarì” di Marcianise una filiale del San Paolo. Trecento e più ad urlare il suo nome. Si identificano in lui, credono in Hamsik, il capitano, il simbolo della filosofia del club, quel 17 inciso sui gioielli Chirico, la nuova linea griffata Napoli. «La fede al dito è quella di mia moglie, ma l’intesa col Napoli è forte. Qui ci sto bene, l’ho sempre detto e lo ribadisco».
Sette anni in azzurro. Ma la crisetta “matrimoniale” è solo tecnica. Il rapporto è solido, la complicità totale. Come pure la condivisione del progetto. E l’amore della gente. Tutti con Marek Hamsik. Incondizionatamente. Tutti perciò da ringraziare, da ripagare con un sorriso, da ricambiare con quelle prestazioni che è da troppo che mancano. Benitez l’aspetta, i tifosi sono in ansia, lui dà appuntamento in campo, là dove la qualità delle giocate ha brillato più che in una gioielleria. «Sento la fiducia di tutti. Non ho mai avuto dubbi in tal senso. Posso soltanto dire grazie a ognuno, li sento vicini. Napoli e il Napoli sono sempre stati con me. Tifosi, società, compagni di squadra, so di avere l’appoggio di chi mi sta vicino. Devo soltanto riprendermi e tornare l’Hamsik che tutti conoscono. Per me e soprattutto per la squadra. La mia priorità è aiutare il gruppo, è mettermi a disposizione dell’allenatore».
Centotrentacinque giorni (domani) senza far gol. L’involuzione inattesa del più evoluto di tutti. Tatticamente e tecnicamente. Hamsik l’universale. Il giocatore completo per tutti i ruoli e in ogni zona del campo. Partenza lanciata, come mai da quand’era al Napoli. Quattro reti nelle prime due giornate (Bologna e Chievo) e la sensazione di poter raccogliere, e soprattutto vincere, la sfida lanciatagli da Benitez: quindici gol. Estasi e tormento. Dal migliore ai disagi, a quegli affanni un po’ tattici, un po’ di condizione. E dopo anche fisici. Per quella botta al piede sinistro che gli ha rubato due mesi di allenamenti. Ora l’ammissione. Che non è di colpevolezza. Una presa di coscienza, sincera, e perciò anche anomala nel calcio. Hamsik conosce le sue capacità e vuole dimostrarle. Sempre. Subito. Già col Torino. «E’ una partita difficile, le squadre di Ventura giocano un buon calcio, fanno possesso palla e sanno rendersi pericolose. Noi però vogliamo fare risultato, dobbiamo vincere, abbiamo tre obiettivi importanti».
L’oro delle Coppe, l’argento del secondo posto Champions. La stagione del Napoli come la vetrina di una gioielleria luccicante. Tutto piace. Tutto è però ancora da prendere e conquistare. Tre traguardi preziosi. Che valgono. E scegliere è impossibile. «Non ho preferenze particolari, non posso averne a questo punto dell’anno. Coppa Italia, campionato ed Europa League: proveremo ad ottenere il massimo. Prima di tutto però c’è il Torino. E’ questa la prossima partita e non dobbiamo sbagliarla. Poi penseremo alle altre». Idee chiare, il talento ancor di più. Purissimo. Marek Hamsik l’oro di Napoli. Adesso opaco, ma pur sempre un gioiello. Da custodire. Da lucidare con le carezze dei tifosi.
FONTE Corriere dello Sport
Articolo modificato 16 Mar 2014 - 09:25