Quanto vale un arco voltaico che illumina una serata buia? Quanto vale una meravigliosa curva d’arcobaleno nello stadio del Torino? Quanto vale la parabola suggestiva di una stella filante che percorre magicamente tutto il campo di gioco? Valgono una partita. Valgono una vittoria. Tutto questo è stato il lancio di Marek Hamsik per il gol di Higuain. E’ il Pipita a far centro contro la squadra di Ventura, il tecnico che allena con libidine, e il Napoli aderisce eroticamente al match (una botta e via), ma all’origine del marchio decisivo di Higuain c’è il piccolo principe di Banskà Bystrica. C’è Marek Hamsik col suo intuito immediato, c’è che vede Higuain pronto alla galoppata perforante, laggiù in fondo, sessanta e più metri avanti, e c’è il suo calcio nobile, il calcio di qualità di Marek che calibra la stella filante da recapitare là, esattamente là, dove il Pipita, lontano, sta già girandosi contro Glik per impossessarsi del pallone che gli scende sui piedi come una stella cadente, e il resto è gol. Visto e rivisto in tv, il lungo pallone che Hamsik lancia per Higuain disegna l’unica grande bellezza della partita di Torino, il solitario ma decisivo colpo di classe del ragazzo slovacco che sta vivendo un periodo infelice. La palla gli sfugge, non si lascia più incantare e a Marek non riesce la magia dei tocchi preziosi quando il pallone canta sotto i suoi colpi vellutati. A Torino ha scaricato un paio di tiri rabbiosi sugli avversari che gli sbarravano lo specchio della porta cercando di squarciare il velo nero di un’altra partita scura.
Per il resto, con la serenità della sua vita di bravo ragazzo, ha portato la croce di un’altra esibizione insignificante correndo senza disperarsi, cercando la posizione migliore senza angoscia, provando a domare il pallone senza stizza perché poco e niente gli sta riuscendo. Ora la sua corsa non è incantevole, il passo non è leggero, ma non è neanche la corsa pesante di chi ha un carico gravoso di delusione e di chi trascina il peso di una frustrazione. E’ un’eleganza appassita, questa di Marek Hamsik. Il campione non chiede indulgenza e sopporta questo periodo contrario senza nascondersi dietro nessun alibi (l’infortunio, l’assenza di due mesi dal campo) perché è un ragazzo onesto, come ci è sempre piaciuto, e confessa che dovrà cavarsela da solo. Il suo viso pulito è una promessa sincera. Al Napoli e a Napoli si è legato, il vincolo sentimentale fissato da quel tatuaggio “Napoli” sul braccio sinistro scolpito da Enzo Brandi, il tatuatore dell’Arenella. Sullo stesso braccio Marek ha una rondine. Ecco, torna a volare leggero, Marek. Torna la rondine azzurra che ci ha sempre deliziato. Ti vogliamo bene e sappiamo aspettare.
FONTE Mimmo Carratelli per il Corriere dello Sport
Articolo modificato 19 Mar 2014 - 09:30