Corsi e ricorsi storici, un’altra annata all’insegna del “vorrei ma non posso”?

La 29a giornata di serie A sembra aver dato sentenze piuttosto definitive, con l’inattesa – e immeritata – sconfitta contro la Fiorentina gli azzurri vedono quasi compromessa la rincorsa sulla Roma distante sei lunghezze e con una partita da recuperare (e in vantaggio negli scontri diretti ndr), mentre il vantaggio sugli stessi viola per l’accesso ai preliminari di Champions appare comunque rassicurante. E’ possibile quindi già tirare le somme di un’annata che vede ancora un titolo in palio, la Coppa Italia, ma che in Europa ha già espresso i suoi verdetti e che in campionato salvo possibilità molto remote difficilmente si discosterà dalla realtà attuale.

Il mercato –  La svolta tecnica portata dall’ingaggio di Rafa Benitez ha ovviamente comportato una rivoluzione per quanto riguarda la rosa. Ceduto Edinson Cavani la società ha operato molto, e bene, sul mercato, oltre all’indiscusso valore di Gonzalo Higuain, gli acquisti estivi di Reina, Rafael, Albiol, Callejon Mertens si sono rivelati di indubbio valore e dal prezzo non esorbitante, un plauso dunque a Bigon e i suoi collaboratori che in concerto con il tecnico hanno saputo rimpolpare la rosa con elementi di spessore. Purtroppo però, in vista degli obiettivi posti in primis dalla società, la rosa fin da novembre è apparsa comunque ancora inadatta. Lacune palesi nella metà campo e in difesa, complici anche gli infortuni, hanno portato agli acquisti nella sessione invernale di Ghoulam, Jorginho ed Henrique. Quest’ultimo si è rivelato un ottimo jolly tuttofare, capace di svolgere i ruoli più svariati, dal centrale difensivo al mediano passando per l’esterno di fascia sempre con un buon rendimento, i primi due dei classe 91′ indubbiamente di prospettiva e talento – specialmente il secondo – ma tutti non in grado da subito di apportare quel cambio di marcia, quel salto di qualità che la rosa azzurra necessitava. Capitolo a parte quello del vice-Higuain, Zapata è un calciatore giovane e sul quale sarebbe ingiusto gettare una croce, ma va detto che in ruolo così delicato forse quei 7 milioni spesi per il colombiano potevano essere investiti in maniera più decisa, e su elementi di maggiore affidamento.

Benitez e gli alti e bassi in campionato – Le mancanze in sede di mercato sono però solo una faccia della medaglia di questa stagione. La rosa nonostante le sue lacune non si è sicuramente espressa al massimo delle proprie potenzialità. Benitez ha imposto una filosofia molto chiara, un’idea di calcio su cui ha fondato una carriera a dir poco vincente, ma che ha dimostrato di aver bisogno di più tempo per radicarsi nel nostro campionato, sebbene le premesse di inizio campionato fossero diverse. Difficile imputare agli azzurri di non aver battagliato fino alla fine contro una Juventus che veleggia alla ricerca dei 100 punti, e sarebbe record assoluto, giusto ritenere il Napoli all’altezza di contendere fino alla fine il secondo posto alla Roma, che sebbene costruita bene da Sabatini e Garcìa e con il vantaggio di non disputare le coppe, veniva da due annate fallimentari, ha iniziato il proprio ciclo da zero proprio come gli azzurri e non certo con l’entusiasmo con cui è stato accolto il tecnico spagnolo, bensì con la contestazione per una campagna acquisti che aveva fatto scalpore più per le cessioni che per altro.

Nel computo della stagione pesano come macigni i più di 20 punti gettati con le medio-piccole in partite ampiamente alla portata, dove l’assolutismo di Benitez – che porta avanti dall’alto del proprio curriculum e della propria esperienza – è andato a sbattere contro la realtà del calcio italiano. Non basta il bel calcio offensivo, comunque garantito alla propria platea, spesso per ottenere risultati è necessario anche smussare i propri angoli, soprattutto a dispetto di tecnici molto preparati che sviscerano in maniera scientifica i difetti dei propri avversari. Flessibilità, adattamento alle contingenze specialmente a partita in corso, ecco cosa si può imputare al tecnico spagnolo, quella che è mancata e che ha tracciato il solco che separa il Napoli dal secondo posto, e che senza la quale sarà difficile ottenere risultati anche nelle stagioni prossime.

Le coppe – E’ in Europa che il Napoli si è dimostrato un vero e proprio Giano bifronte. Tanto spregiudicato e da applausi in Champions, dove solo l’inesperienza e il poco cinismo unite alla sfortuna non hanno permesso agli azzurri di qualificarsi in un girone da record, mai nessuna squadra era uscita dalla prima fase della Champions con 12 punti, tanto insufficiente in Europa League, dove la fortuna ha accompagnato gli azzurri nelle due prestazioni davvero poco brillanti contro i gallesi dello Swansea, per poi abbandonarli nella doppia sfida contro il Porto. Doppia sfida, quella contro i portoghesi, dove c’è la colpa di aver regalato un tempo intero agli avversari nella sfida d’andata, mentre nei 90 minuti del San Paolo oltre alla poca sorte si sono manifestati gli stessi difetti che in parte avevano portato all’eliminazione in Champions, poco cinismo ed esperienza europea, a dispetto di una squadra che nonostante i propri difetti ne ha da vendere, risultato: la mesta eliminazione in una competizione dove il Napoli aveva tutti i mezzi per arrivare in fondo. Nota lieta il cammino nella coppa nazionale in cui spicca la semifinale vittoriosa contro i giallorossi dove la sfida di ritorno al San Paolo rappresenta ad oggi l’apogeo del Napoli di Benitez. Una Coppa Italia che avrà un indubbio peso specifico nella valutazione di questa prima fase del nuovo ciclo del Napoli di De Laurentiis, perché vincere aiuta a vincere e un titolo ha sempre la sua importanza, soprattutto in bacheche non altisonanti come quella azzurra.

Questo nuovo Napoli è agli albori ma le critiche, se costruttive, sono sempre necessarie. I tifosi con i propri pregi e i propri difetti meritano quelle soddisfazioni che questo progetto può e deve portare. Con la speranza che il leitmotiv del “vorrei ma non posso” tipico delle scorse annate diventi definitivamente uno sbiadito ricordo.

Edoardo Brancaccio

 

 

 

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