Ragù, friarielli, spassatiemp’ e sfogliatelle. Il pranzo della domenica per un napoletano è sacro. E, soprattutto, comincia alle tre. Noi, tifosi della prima ora, invece, alle tre eravamo già in piena preparazione stadio. Sciarpa, zaino, chewingum anti stress, e con il Napoli, ormai, ce n’è sempre bisogno, abbonamento, calendario per le bestemmie, nel caso dimenticassimo qualcuno, giubbino anti pioggia. Che una rondine non fa primavera e ce ne siamo accorti.
Insomma, la partita delle 18:30 di domenica è anche peggio di quella delle 19 del lunedì. E ti fa anche perdere quelle delle 15 e almeno il primo tempo di quelle della sera. Una tragedia. Ma il nostro dovere lo facciamo sempre e allora alle 15:30 eravamo in auto in direzione San Paolo. E mentre si va, si prende già appuntamento per la prossima in casa, quella con la Juve, allo stesso orario. Ma con la partita due ore dopo. Contro i bianconeri, non esiste pre-partita inferiore alle cinque ore, si sa.
Arriviamo al tempio che il cielo regge ancora, superiamo controllo zaini e bombe a mano e passiamo velocemente il passaggio ai tornelli. Saliamo sugli spalti, prendiamo i soliti posti, salvo lasciarli dopo pochi minuti quando il cielo non regge più e butta giù tanta di quell’acqua in pochi minuti che subito pensiamo: “Partita bagnata, partita fortunata!”. Già. L’avranno pensato anche i tifosi viola.
E a proposito di viola, ringraziamo una dolce donzella del gruppo che si è presentata allo stadio con le unghie smaltate di un viola imbarazzante e la invitiamo a non venire domenica prossima con le unghie bianconere. Non ci limiteremo a semplici sfottò e foto ricattatorie. Grazie!
E, visto che durante l’ultima partita di Europa League contro il Porto, l’unica a cui ho mancato e non succederà più che sono già stata minacciata da più persone, sono arrivate anche zeppole di San Giuseppe e taralli e qualcuno si è lamentato che si facesse troppa festa, allora abbiamo deciso per un low profile culinario. Anche perché il pranzo domenicale imponeva solo acqua e bibite gassate per la digestione. Ignari che a fine partita l’unica cosa non digerita sarebbe stata il risultato.
Alle 18:30 la partita comincia. Mertens fuori e tutti ci chiediamo il perché. Poi Mertens entra e tutti ci chiediamo il perché. Ma solo dopo che lo hanno azzoppato. Il tutto senza un minimo intervento dell’arbitro. Fossi stata Tagliavento, a quel punto, l’avrei anche ammonito per simulazione. Ma evidentemente il rosso gli si addice di più. E allora giochiamo quasi tutta la partita con Ghoulam negli spogliatoi, Callejon come tuttofare, Henrique che lo segue a ruota, Higuain che impreca ma non segna, Inler che tira da fuori area ma non segna, Insigne che tira punizioni ma non segna. Nonostante l’invocazione gridata da dietro: “Che lo spirito di Maradona sia in te!”
Insomma, non segniamo e per la seconda volta in quattro giorni giochiamo noi e vincono loro. Comodo, no?
Ce ne andiamo parecchio sconsolati. E mentre mettiamo piede fuori dal tempio ancora imprecanti, sicuri che la settimana stava iniziando molto male e pronti ad affogare tra tifosi-allenatori/ tifosi-giocatori/ tifosi-preparatori atletici, ascoltiamo una vocina femminile, quasi infastidita, che dice: “Non solo siamo venuti fin qui, abbiamo pure perso!”. E penso: “Signori’, a teatro il viola porta male. La prossima volta, facitem’o piacere! Statev’a cas’, oi’!”