I pensieri che s’aggrovigliano, perchè mica è un giorno qualsiasi: è Catania-Napoli e capita però dopo il Porto e la Fiorentina e prima di Madame; è una risposta da dare a se stessi per uscire da quella «crisetta» di risultati ch’è costato il quarto di finale di Europa League e la blindatura pressoché definitiva del terzo posto; ma è anche l’ennesima partita – la sesta in venticinque giorni, senza voler indietreggiare ulteriormente con il computo – e le riflessioni s’impongono. I fatti che separano dalle opinioni sono racchiusi nel bollettino medico: Behrami a casa con l’influenza, Mertens già consegnato alle terapie riabilitative della caviglia malandata, Maggio convalescente, Zuniga lungodegente, Ghoulam squalificato e poi anche Rafael fuori; ce n’è abbastanza per sentirsi un po’ vittima della malasorte, ma bisogna industriarsi, interrogare il proprio cuscino e restare lucidamente Benitez: dunque, Higuain o Zapata?
IL DUBBIO. L’uno e l’altro pari non sono, ma è pleonastico sussurrarlo: però Higuain viene da cinque partite consecutive (da titolare) e pure gli extraterrestri meritano una serata di riposo, aspettando la «Vecchia Signora». Il giochino della vigilia, che Benitez s’è concesso sul guanciale, è innanzitutto concentrato nei sedici metri, il resto appartiene (fatalmente) alla natura del calcio, che offre acciacchi e cartellini rossi: però quello è Higuain, l’uomo assai speciale che sposta gli equilibri e che induce a meditare, perché a Bergamo ricorderete come andò a finire. La notte è fatta per segnare e stavolta, con rispetto assoluto del Catania, può essere la serata d’onore di Duvan Zapata: partita secca, da giocarsela senza schemi mentali e senza filtri, sapendo d’avere (alle spalle e però anche sulle spalle) un Napoli tutto per sé. Al cinquantacinque per cento tocca al colombiano, che qualcosa ha lasciato intravedere, mica solo la buona volontà.
LE CERTEZZE. Sarà, come impone il medico sociale con il «sostegno» del giudice sportivo, turn-over a tutto campo: sarà 4-2-3-1, dopo aver vagamente tratteggiato la difesa a tre, sarà un mischione quasi indirizzato dal fato. Esiste un solo esterno naturale (che è Réveillère) e non c’è neppure la possibilità di reinventarsi Behrami, né c’è Mesto, lasciato a Castel Volturno per allenarsi e sentirsi abile per la Juventus: c’è dunque Henrique che sa industriarsi a destra, ed è quella la casella di competenza; poi Fernandez ed Albiol in mezzo ed il francese a sinistra. A metà campo, la regia è di Jorginho, con un socio da scegliere da Inler (che ne ha giocate tante) e Dzemaili (che ha maggior freschezza). E tra le linee, inutile persino spremersi: Callejon se ne va a destra, Insigne se ne sta a sinistra ed a meno di clamorosi colpi di scena, visti gli equilibri da garantirsi, Hamsik resta al suo posto, con Pandev pronto per qualsiasi evenienza.
ALL’ATTACCO. Clamoroso al Cibali, verrebbe da dire, perché un Higuain che resta (scientemente) ai margini è notizia: ma il calcio del Terzo Millennio esige partite a raffica e quel fischio d’inizio che s’ode in lontananza è di Napoli-Juventus, la madre di tutte le partite, per la quale serviranno energie fresche e un pipita ritemprato innanzitutto nelle gambe. Ma è Napoli-Catania e contiene storie egualmente rilevanti, tre punti per tenere la Fiorentina a debita distanza e poi andare incontro a Madame rassicurati da se stesso: ci vuole un fisico bestiale: Zapata, allora?
FONTE Corriere dello Sport