Tra Catania e Napoli è un braccio di ferro dalle enormi differenze tecniche

E però: 0-4 al riposo, in un braccio di ferro che non s’ha da fare, non stasera, che basta ed avanza per spiegare le differenze (abissali) tra Catania e Napoli, sufficientemente sottolineati dai 41 punti in classifica alla fine, dallo status d’una grande che vuol diventare grandissima e d’una provinciale che sta vivendo una stagione d’insopportabile sofferenza e si scopre microscopica. E dove cominciano i meriti del Napoli (e ce ne sono) vanno però riscontrati le deficienze del Catania (e quante). E’ una partita per modo di dire, perché quando comincia è tecnicamente finita, perché Benitez decide di rovistare la sua squadra già decimata rinunciando a Higuain e verificando non solo Zapata ma anche Callejon (che stanco lo è ma non lo dà a vedere) ed un Marekiaro Hamsik che s’illumina per un bel po’: eccola lì la chiave, nella capacità (nel primo tempo) che lo slovacco ha di sfuggire alla linea, di abbassarsi ed andare a far gioco, di mostrare che lentamente sta tornando, anche se il carico di fatica s’avverte.

E poi c’è la leggerezza del Napoli (e l’inconsistenza del Catania): c’è una squadra che ha margini di crescita e sa come piegarsi al turn-over stavolta senza subirlo, ma che sa essere solo «estrema», perché è capace di brillare nelle sconfitte (soprattutto con il Porto), di apparire quasi normale quando straripa (sino allo 0-4) e infine di decidere di distrarsi, di concedersi qualche divagazione e di alimentare almeno l’orgoglio del Catania, che con il 4-3-3 pare avere più contenuti, che aspetta Bergessio per provare disperatamente a lanciarsi contro il destino. Il Napoli vuole la Juventus, ora: per verificarsi pure ad alti livelli, per iniettarsi un po’ di entusiasmo.

FONTE Corriere dello Sport

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