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Fin da quando è uscito il calendario di serie A, ci siamo annotati questa data  in agenda. Ho visto prenotare voli da Londra, aerei dal Piemonte, treni dall’Emilia Romagna, battelli dall’Australia, elicotteri dalla Svizzera, alianti dalla Spagna, paracaduti dall’Antartide. Insomma, c’è stato tutto un movimento mondiale di emigranti napoletani all’estero, tifosi che avevano un solo obiettivo in mente: essere presenti al San Paolo per Napoli-Juve. Sicuramente hanno fatto più chilometri loro che i tifosi juventini in trasferta: pullman da Cercola, Trescase, Caserta, Gricignano, San Gennaro Vesuviano, Ischia, Torre Annunziata, spingendosi addirittura fino a Telese e Montesarchio. Nessuno avrebbe potuto sapere che la partita sarebbe arrivata ad un punto del campionato in cui ci sarebbero stati 20 punti di differenza tra noi e loro, ma che saremmo potute essere entrambe in corsa per i primi posti , questo, sì! E, comunque, Napoli-Juve non è e non sarà mai una partita come tutte le altre. Anzi, non sarà mai solo una partita di calcio giocato. Ma è tutto un misto di ansia, attesa, emozioni contrastanti, sfottò pre e post, soddisfazioni se si vince e bestemmie se si perde, rivalse e riesumazioni di vecchi confronti, giochi al massacro sul fotomontaggio più geniale. Anche se in questo vinciamo sempre noi. Insomma, Napoli-Juve è una partita difficile da raccontare, soprattutto il giorno dopo. Perché si è ancora coinvolti, travolti e sconvolti. Ma noi eravamo tutti lì, ai nostri soliti posti di combattimento e certe cose vanno condivise. Sempre. Soprattutto quando si vince. Soprattutto quando si vince nettamente.

E allora, signori miei, la partita perfetta è stata servita, senza nessuna possibilità di smentita.

Quando arriviamo, via Terracina è chiusa e non possiamo parcheggiare ai soliti campetti. Il poliziotto ci dice che stanno passando di lì un po’ di tifosi avversari e c’è anche qualche tafferuglio, per cui è impossibile passare. “Cominciamo bene!”, penso io. “Speriamo che finisca presto!”, pensa lui. Prima di entrare saluto un amico venuto da Stone, un altro dall’Olanda, altri da Ivrea. I controlli sono stati i soliti: zaino, tasche, cappuccio della felpa, mutande. Solito sguardo stranito al tocco del fodero degli occhiali, solita mia risatina per dire che non è un vibratore o una mazza chiodata da lanciare dietro la nuca di Chiellini, ma un semplice fodero degli occhiali. E, soprattutto, che senza di loro non avrei potuto vedere tante belle cose.

Come ad esempio la mitica coreografia dei distinti. O i palloncini della tribuna. O il nulla totale in curva. Non siamo per il tifo con i fiocchetti e le foto ricordo, questo lo abbiamo capito. Anche se notiamo subito le nove fantastiche magliette  bianche con una scritta nera nei distinti, una lettera per ogni maglia. Juve qualcosa. Praticamente un ossimoro.

Loro restano la squadra più forte del campionato e primi in classifica, ma quando inizia la partita, capiamo subito che il Napoli in campo  è proprio quello delle grandi sfide: aggressivo, con un ritmo alto, con un po’ di occasioni goal fin da subito, ma che incontrano un portiere come Buffon. E scusate se è poco. Anche se in curva si parla di fortuna, di errore dell’attaccante, di meteoriti spaziali. E qualche parolina su moglie e amante, che non guastano mai. In realtà sono state un mantra per tutti i 90 minuti regolamentari più gli altri 90 di recupero.  Credo che al momento in cui scrivo, sono ancora dentro al San Paolo cercando di segnare. Noi siamo andati via per ridare loro una dignità, ma la cosa è al momento molto ardua.

Loro restano la squadra più forte del campionato e primi in classifica, ma ho visto un possesso palla azzurro mostruoso, tante occasioni goal per noi, molto nervosismo da parte loro, il solito Chiellini dare calci, ma involontariamente, è chiaro, Vidal dare spintoni per frustrazione, Conte andare avanti e indietro e oltre l’area tecnica, Buffon chiedere gentilmente il pallone al raccattapalle che, distrattamente guardava altrove, più o meno al dodicesimo minuto di recupero, Osvaldo tentare una rovesciata improbabile, manco fosse Konè.

Loro restano la squadra più forte del campionato e primi in classifica, ma sono sicura di aver visto due goal del Napoli: Callejon e Mertens. Il primo, dicono, in leggerissimo fuorigioco, ma non c’è stata nessuna protesta. Confermando il fatto che i bianconeri non conoscono la regola dell’ offside. Resta il fatto che ho visto una sola squadra in campo, l’altra poteva benissimo essere l’Udinese. Com’è sembrato nel cambio Asamoah-Isla. Anche se l’Udinese avrebbe avuto più palle goal, come in effetti è stato quest’anno. Il secondo goal ho rischiato di non vederlo, causa esultanza troppo smodata per il primo che mi ha fatto volare gli occhiali una fila dietro. Per fortuna, tra gli abbracci, le urla, la ricerca di mani che si davano il cinque anche a quattro file di distanza, sono riuscita a ritrovarli sotto i piedi di un amico che dapprima ha chiesto scusa, salvo capire dopo che, in realtà, me li aveva salvati, evitando il rotolamento per altre file e altri piedi. Insomma, il secondo l’ho visto, eccome! All’ingresso di Pandev, parevo essere l’unica fiduciosa del suo mantenimento di palla, dei suoi passaggi filtranti e della sua visione di gioco. Da lì a poco, lo sono stati tutti. Quel mostro di folletto belga la mette dentro, ma dopo aver gridato almeno 40 volte il nome di Mertens, abbiamo avuto sguardi compiaciuti anche per Pandev e Reina. E sguardi compassionevoli per il cartello fiero nel settore ospiti “Cercola presente”. E non er’ meglio che t’a pigliav’ e festa?!

Che dire? Loro restano la squadra più forte del campionato e primi in classifica, ma noi li abbiamo battuti. E in un post-partita in cui i due allenatori parlano di soldi, mercato e fatturato, noi tifosi facciamo per fortuna ancora  i conti solo con il cuore e con le emozioni.

Quelle, ancora, non hanno prezzo. Ma non glielo dite a Conte e gli altri. Potrebbero rubarci anche quelle.

Articolo modificato 31 Mar 2014 - 15:35

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Scritto da
redazione