Li chiamano i colchoneros, che letteralmente significa “materassai” poiché il colore delle prime divise era analogo al colore delle antiche tele che rivestivano i materassi. Ma dei materassi non hanno proprio nulla, anzi. Quello che stupisce guardando Atletico Madrid- Barcellona di ieri sera è solo ed esclusivamente una cosa: la voglia di vincere dei madridisti.
Sarà stata la disivione, anche politica, che divide i due club, sarà stata la straordinaria atmosfera del Vicente Calderòn, sarà stata la voglia di raggiungere una semifinale che non arrivava da 40 anni: eppure una foga così non s’era mai vista. Una rabbia, una voglia di lottare, una capacità di arrivare sempre primi sulla palla, di essere pronti, sicuri, decisi, di correre come matti dal primo all’ultimo minuto, senza sosta, senza tregua.
Ok, era un quarto di finale di Champions League e non l’ultima delle partite: ma se vogliamo crescere dobbiamo mettere la cassetta e rimandarla più e più volte. Perché, sinceramente, questa voglia, i ragazzi del Napoli, l’hanno messa in campo solo poche volte. E fa rabbia.
Vedere partire come quelle di Parma, o di Bergamo, o in casa con Sassuolo, Udinese e Parma, mette rabbia. E al di là di discorsi tencici e tattici, di fortuna e sfortuna, di condizioni climatiche e di squalificati, la maggior parte delle volte è quella voglia di vincere, quella voglia di mangiare il campo con gli occhi e con le gambe, che alla fine fa la differenza. La stessa differenza che ci separa da Juve e Roma. Serve dirlo.
Caro Mister Benitez, lei ha portato una rivoluzione nel modo di fare e di giocare a Napoli. Ma quella voglia in cui si identificano i colchoneros ancora non c’è. O solo a tratti. Ma sono sicuro che anche a questo saprà rimediare…
Raffaele Nappi