Come spesso accade nelle disamine sui giocatori che hanno fatto parte del lungo e glorioso cammino degli azzurri ci si chiede cosa realmente sia fondamentale per far sì che i nomi e le gesta dei protagonisti del momento rimanessero per sempre scolpiti nei ricordi dei tifosi, se le grandi doti tecniche e la eccelse capacità calcistiche oppure se basta essere un uomo prima che un calciatore, e in quanto tale in grado di affezionarsi ad una città, ai propri colori e a coloro i quali contribuiscono a renderla speciale. Non è un luogo comune se la stragrande maggioranza dei supporters conserva nel cuore le immagini di quegli elementi in grado di sputare sangue e sudore per cercare di sciorinare il miglior calcio possibile, nonostante i mezzi a disposizione non siano propriamente da elemento di prima scelta. Senza specifiche alcune abbiamo tracciato un profilo generico di Mauro Bonomi, difensore centrale degli azzurri dal 2001 al ’04, gli anni bui, quelli che hanno preceduto il fallimento.
Se fosse stato per Bonomi quel Napoli sarebbe stato primo in graduatoria per grinta, volontà e forza di spirito, virtù attraverso le quali si sopperiva ad un gap tecnico che talvolta veniva fuori inesorabilmente, pur non compromettendo le ottime prove che nell’arco di quattro anni Mauro è stato in grado di assicurare, venendo messo kappaò solamente da una serie di infortuni che ne hanno minato la stabilità tra i titolari e la consequenziale conquista di una maglia dal primo minuto. Procedendo con ordine, l’approdo in azzurro avviene ai margini di una retrocessione dolorosa, quella della seconda discesa verso gli inferi della B dopo il disastroso campionato che Zeman avrebbe dovuto trasformare in annata magica, Bonomi sembra raffigurare il tassello in grado di dare enfasi ad una retroguardia orfana di un uomo dalla grinta da vendere, perfettamente in grado di gestire la linea dei difensori e frenare gli attacchi delle punte insidiose italiane, in particolar modo quelle dei funamboli della cadetteria.
Le sue prestazioni sono state sempre al di sopra della sufficienza e quasi mai si è reso protagonista di clamorosi errori o più semplicemente gravi sbavature da compromettere l’esito di una gara, anzi il suo atteggiamento impavido venne presto ripagato dai tifosi che lo eressero a beniamino, raffigurando in sé lo spirito battagliero e rivoluzionario della tifoseria partenopea. E’ stato al di fuori delle contestazioni che hanno minato molto spesso la tranquillità e consequenzialmente l’incolumità di calciatori e relative famiglie, proprio lui venne considerato un esempio da prendere per qualche atleta reo di sentirsi un pesce fuor d’acqua, necessariamente tentato dalla richiesta di trasferimento altrove. Anche quando un grave infortunio lo mise ai margini della squadra cercò di recuperare velocemente, ma oramai il tecnico Scoglio aveva già optato per altri e il reparto difensivo divenne improvvisamente un luogo dove l’aria era diventata pesante.
Dopo 97 presenze e 3 reti in maglia azzurra il fallimento lo mise spalle al muro e decise di accettare l’offerta del Catanzaro, da dove due anni più tardi si trasferì a Ravenna, ultima tappa della sua ottima carriera, a seguito della quale scelse di appendere le scarpe al chiodo e di dedicarsi alle dottrine da allenatore. Ha lasciato la scia di un uomo tenace, che ha basato buona parte delle sue doti sulla fisicità e la capacità di imporre il suo carattere deciso, in grado di colmare alcune lacune come riferito in precedenza, è probabilmente uno degli esempi calzanti di come sia fondamentale avere un approccio serio, professionale e disinteressato, votato solamente alla salvaguardia delle proprie prestazioni e alla soddisfazione di società, tifosi e addetti ai lavori, senza puntare l’attenzione verso orizzonti che poco hanno a che fare con chi crede nel proprio lavoro e punta molto sulla serietà, senza dimenticare di rispettare i tifosi.
Da ricordare l’episodio che lo vide suo malgrado protagonista di un tentativo di rapina mal riuscito relativo alla sua auto nel 2003, dove arrivarono atte a dissuaderlo dal rimanere in azzurro. Di tutta risposta disse la sua senza usare mezzi termini, mettendo i puntini sulle i senza tralasciare precisazioni che in alcuni frangenti sono fondamentali: “Qui mi sento amato e stimato, non certo una vittima predestinata. Ho un ottimo rapporto con la città di Napoli e con i tifosi. E’ ovvio che essendo Napoli una metropoli c’è qualcuno a cui sto simpatico e qualcun altro a cui sto antipatico o non piaccio come calciatore. L’episodio non modifica nè l’opinione nè il rapporto che ho con la città“. Questo era Mauro Bonomi, difensore di ruolo ma attaccante nella vita quotidiana, leale ma grintoso, onesto ma con la rabbia di un leone.
Ecco il video di un gol di Bonomi in maglia azzurra ai danni della Reggina: