Mentalità. Carattere. Maturità. Piovono a mo’ di grandine le ormai conclamate pecche del Napoli targato Benitez. Un po’ come i tormentoni musicali estivi, quelle hit che attanagliano le tue giornate e ti bombardano anche al supermercato. Ma il tallone d’Achille della formazione azzurra sta caratterizzando un’intera stagione, difficile che passi inosservato anche sotto mentite spoglie. “La mentalità non si compra al mercato“, ha ribadito con un’aria decisamente seccata il tecnico spagnolo. Se non c’è un bancone dove saccheggiarne a dozzine indossando un passamontagna, è però disponibile con iniezioni endovena da centellinare in piccole dosi. Ma è Don Rafè a gestire la valigetta del primo soccorso e in 34 giornate dalle sue punture non sembra che la sua creatura abbia tratto beneficio.
Velato, ma non troppo, il suo rinvio alla prossima sessione di mercato. Perchè l’atteggiamento giusto per competere ad alti livelli, l’umiltà di affrontare ogni gara con la stessa abnegazione, è il passaporto dei veri fuoriclasse, di coloro i quali si differenziano dalla massa. E non mi sto soffermando alla mera valutazione tecnica. Nel Napoli, ad onor del vero, questi “esemplari” si contano sulle dita di una sola mano. Il rinforzo sarà nell’integrazione di elementi capaci di far valere la propria cresta sia sui campi di periferia che sui morbidi tappetini verdi d’Europa. Un parco di giocatori di pari valore dal quale poter attingere quando anche le migliori pedine mostrano evidenti cali di concentrazione o semplice affaticamento fisico. Magari gente come Albiol o Callejon potranno così aspirare ad una settimana di ferie, di tanto in tanto.
La scultura va continuamente puntellata, c’è bisogno di tempo e sguardi da varie angolazioni. Tutto vero. Ma tutto ciò non può sciogliere ogni responsabilità. Troppo comodo, a mio parere. Perchè il materiale che Benitez vanta nella sua prima annata è certamente di primo pelo. E, a meno di rivoluzioni, sarà la scorza dura del Napoli che verrà. In meno di un anno Rafa non poteva fare miracoli o plasmare il gruppo a sua immagine e somiglianza. Ma lavorando dall’estate su difetti eloquenti, soprattutto a livello mentale, è lecito chiedere dei passi avanti. Invece il pantano è più melmoso del previsto. Ed errori grossolani, dei singoli o di squadra, si ripetono con una regolarità preoccupante. Se non sbaglio nemmeno il carisma è reperibile al mercato.
Le attenuanti ci sono tutte e accontentarsi è il verbo che va di moda. Dall’anno prossimo inizieremo a tirare le somme al netto degli alibi. Una stagione sperimentale che, dunque, per tanti versi non va cestinata. Nemmeno se l’esito della finale di Coppa Italia sarà negativo. Un’ulteriore banco di prova dal quale estrarre i margini di miglioramento. Ma 90′ non possono colorare di fallimento un intero disegno. Sarebbe ingiusto e controproducente. Anche perchè i professionisti del disfattismo che sostengono tutto ciò sarebbero senza ombra di dubbio i primi a beatificare gli azzurri in caso di successo.
La ventata di novità è sempre alienante, ma alla lunga paga. Coltivare calcio partendo dalle fondamenta, dalle redini del gioco, “evangelizzando” il proprio credo in ogni latitudine, rende grandi. Maturi. La favola Atletico Madrid, così come il Liverpool in Premier, regala spessore ed insegnamenti. Non è solo il fatturato ad alzare trofei, per fortuna. E quello Special One barricato in un’area di rigore del Vicente Calderon avrà provocato più di un ghigno al Benitez tanto bistrattato. Se è quella la pozione magica dei vincenti, beh…
A Milano, proprio dove la staffetta con Mourinho non è mai stata digerita da nessuno (Moratti docet), il mister tornerà sabato sera, con una sete di vendetta che si spera dia un senso alla prestazione dei partenopei. Dall’altra parte ci sarà Walter Mazzarri, con il sassolino Napoli ancora così fastidioso durante il suo tortuoso cammino in nerazzurro. Mosaico di amori e ripicche, un duello agguerrito con un passato ancora insonne. Inter-Napoli. Solo dopo verrà l’alba.
Ivan De Vita
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