Era l’estate 2007, quella del rilancio del Napoli in serie A dopo 7 anni d’assenza, intervallati da un doloroso fallimento, e il duo allora inscindibile De Laurentiis-Marino si presentava da matricola nella massima serie puntando forte su tre ragazzi, due ventiduenni ed un ventenne. Un torello di centrocampo uruguaguio che ha vissuto stagioni di amore ed odio con il pubblico di Fuorigrotta, un furetto fresco di un titolo con ill San Lorenzo, che avrebbe fatto innamorare tutti i tifosi del Napoli, ed un ragazzo dell’est, che era emerso di prepotenza a Brescia.
Proprio quest’ultimo: Marek Hamsik, strano a dirsi vista l’indole radicalmente opposta a quella del napoletano tipico, al San Paolo è diventato un monumento, quinto come presenze nella storia del calcio Napoli. A San Siro, nell’anticipo di ieri, Marekiaro ha raggiunto la 300a presenza in maglia azzurra, cominciando a intravedere una colonna come Ciro Ferrara (10 stagioni e 322 presenze). Trecento partite condite da 76 gol e una miriade di momenti indimenticabili regalati alla platea azzurra. Un leader silenzioso che poco a poco si è inserito nella cerchia dei migliori interpreti nel suo ruolo al mondo. Le ultime due stagioni vissute agli antipodi, la scorsa, l’ultima di Walter Mazzarri a Napoli, con numeri eccezionali, da top player: 13 reti e 22 assist in 54 presenze, numeri da novello Gerrard, giocatore al quale da sempre (forse esagerando) era stato accostato; rinnovo di contratto e una promessa di diventare bandiera azzurra, molto diversa la stagione attuale, la peggiore da quando è approdato alle pendici del Vesuvio. Un inizio ottimo, con 6 reti in poco più di due mesi e da lì il crollo verticale. Il Mondiale sfuggito con la sua Slovacchia, il suo primo infortunio serio in carriera, mai Marek era rimasto fuori così a lungo, una condizione che tarda a tornare ottimale e una collocazione tattica, ad oggi ancora un po’ indigesta, sebbene l’inizio del rapporto con Benitez sembrava promettere fuoco e fiamme. Tutti fattori che hanno contraddistinto la sua annata più scura in queste sue 7 stagioni azzurre. Le voci, che lo vorrebbero via da Napoli per incompatibilità tattica, con svariati club pronti a tentarlo, di certo non aiutano.
Nelle ultime gare il tecnico spagnolo lo sta gestendo a modo suo, centellinandone le presenze soprattutto per provare a riportare sul volto del numero 17 azzurro quella grinta, quella cattiveria agonistica, quella personalità che l’hanno sempre contraddistinto. Due anni fa, sempre all’Olimpico di Roma, sempre in una finale di Coppa Italia, fu decisivo. Nello stralcio di partita disputato a San Siro, lo spirito sembrava quello giusto, sabato avrà, ne siamo convinti, un’occasione per scacciare i fantasmi di questo 2014 da incubo, e ritrovare definitivamente se stesso.
Edoardo Brancaccio
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