Quanto valgono 100 lire nel mondo del calcio? Nulla, o quasi. Sì, perché quando si parla di Napoli e del Napoli nulla è lasciato al caso. Sapete la storia del secondo scudetto? Stiamo per raccontarvela.
Quelle 100 lire, quella volta a Bergamo, fecero la storia. C’è chi dice che furono gli stessi napoletani a lanciarla, c’è chi è sicuro che proveniva dagli spalti dei (tanto odiati) bergamaschi: fatto sta che Alemao, su “suggerimento” di Carmando, si stese a terra, fu sostituito e la partita finì 0-0. Il giudice sportivo, solo dopo, concesse lo 0-3 a tavolino per gli azzurri. Fu l’ultima partita ad essere decisa a tavolino della storia del calcio italiano. Fu un momento di svolta per il campionato del Napoli, e del Milan, che lo stesso pomeriggio non andava oltre lo 0-0 contro il Bologna.
Insomma, aggancio e polemiche, prima della “Fatal Verona”, prima delle tre espulsioni rossonere (compresa quella di Van Basten), prima del definitivo sorpasso da parte degli azzurri capitanati da Bigon e Maradona, che con un 4-2 a Bologna mettevano la freccia per il tricolore.
Insomma, l’80esimo campionato di calcio di serie A, quello dell’89-90, sarà ricordato per parecchie cose. Per Scirea, che se ne andò all’improvviso, il 3 settembre, poco dopo la fine delle gare della seconda giornata, mentre andava in macchina a studiare i prossimi avversari della Juve in coppa UEFA in Polonia. Quella stagione sarà ricordata per il difensore giallorosso Lionello Manfredonia, colpito da arresto cardiaco durante la gara tra Roma e Bologna, e salvato solo grazie all’intervento dei sanitari. Abbandonò il calcio.
Quel campionato sarà ricordato per le perle di Maradona, che incantava in lungo e in largo i palcoscenici italiani, dopo il primo scudetto e dopo la prima Coppa UEFA conquistata a Stoccarda. Quel campionato rimarrà nella storia per la festa più pazza, più stravagante e gioiosa di una città che conquista un trofeo.
Un paracadutista allo stadio, un vecchio in trombetta, una Cinquecento sormontata da un numero incalcolabile di persone, uno striscione “Teste matte” sotto la curva A, una serie (infinita) di bandiere azzurre e di tricolori sparsi per la città e per i gradoni dello stadio, una massa di folli gioiosi che corrono sul prato a fine partita, i giornalisti presi di petto, il tricolore, lunghissimo, che si fa dieci, venti giri di campo.
Di quel secondo scudetto ci rimane l’ultimo Maradona, quello che ci costrinse a tifare Argentina in una semifinale mondiale al San Paolo che manco la Storia avrebbe saputo scrivere meglio. Di quel secondo scudetto ci rimangono le prime pagine dei giornali, il ricordo di un giorno col sole, di una partita vinta grazie al gol di uno stopper (Baroni), e di Diego lì, con le braccia aperte, a salutare il suo tempio.
Era il 29 aprile. 24 anni fa. I ricordi non si cancellano. E nemmeno la passione.
Raffaele Nappi