Le strategie societarie spesso mettono in secondo piano la scelta di uomini in grado di portare in dote quella esperienza necessaria per fare il cosiddetto “salto di qualità”, quelle pedine posizionate in ruoli fondamentali dello scacchiere che assicurano affidabilità e sicurezza nei propri mezzi nonostante gli anni sulle spalle sono tanti e le caratteristiche fisiche cominciano una lenta involuzione sintomatica per qualsiasi calciatore che tocca la soglia dei trentacinque anni. Proprio l’età in cui Gianluca Luppi mette piede al San Paolo per la prima volta, attraverso lo scetticismo di tutti, tifosi e opinione pubblica, convinti di aver acquistato l’ennesimo rincalzo in là con l’età, buono soltanto ad aumentare il numero dei tesserati, magari ingaggiato per fare da chioccia a qualche buon difensore di belle speranze, e quell’anno, parliamo del campionato 2001-02, gli azzurri avevano in squadra difensori giovani e prospettici come Mariano Stendardo e Emanuele Troise, calciatori che con la giusta figura al proprio fianco avrebbero assicurato una carriera di un certo livello, nonostante gli azzurri si trovassero nelle sabbie mobili della serie B, dopo la retrocessione “post era Zeman” e relativi successori.
Gigi Di Canio lo ha voluto a Napoli, nonostante l’età, o forse proprio per quelli. Per l’esperienza accumulata dal 1984. Uno di quei difensori che esce dall’area palla al piede e testa alta, pronto a rilanciare lungo e preciso come pochi sanno fare. Luppi accettò Napoli e una casa a Mergellina. Un legame, in qualche modo, attraverso l’acqua, con la sua amata Venezia, dalla quale non avrebbe mai voluto staccarsi. «Avrei voluto finire lì la carriera. Anche non giocando. Ma i dirgenti della società avevano deciso che facevo bene a ritirarmi», queste le sue parole subito dopo aver accettato la sfida in azzurro. Così, dopo quattro campionati da protagonista, con due promozioni e una salvezza trionfale, è stato liquidato dalla società lagunare come l’ultimo dei ragazzini. «Ho incominciato a giocare in serie A che si usavano ancora i tacchetti coi chiodini», riferiva un amareggiato Luppi. «Era il Bologna di Gigi Maifredi, un grande allenatore. Non capirò mai per quale motivo si sia perso per strada». Uno che di allenatori ne ha cambiati tantissimi: «Da Trapattoni a Santin, da Gibì Fabbri a Pace, da Novellino a Prandelli fino a Di Canio».
Con ogni probabilità i dirigenti lagunari si saranno poi mangiati le mani nel guardare la stagione esemplare che il “vecchietto” Luppi fece in azzurro, spiazzando tutti e conquistandosi il posto da titolare proprio a discapito di quelli che avrebbero dovuto essere le sue “creature” giovani e rampanti, chiamati invece ad alternarsi in una eterna staffetta fino a fine stagione, che vedrà Troise maggiormente considerato al cospetto dell’acerbo seppur bravo Mariano, fratello di Guglielmo Stendardo centrale dell’Atalanta. 28 presenze e 4 gol per il buon Gianluca, molti dei quali decisivi, che non riuscirono però a determinare la promozione in A degli azzurri, sfumata in una notte al San Paolo contro la Reggina, davanti ai “soliti” ottantamila, che dovettero accettare il verdetto amaro a seguito di un pareggio (1-1) che sentenziò la permanenza in cadetteria degli azzurri almeno per un’altra stagione.
Resterà l’esempio di uno splendido atleta, capace di rimanere fresco come una rosa sotto l’aspetto fisico, lucido e saggio quando in campo doveva necessariamente affrontare avversari di svariate carature, dal bomber esperto e in grado di mettere in difficoltà qualsiasi difensore, al ragazzino svelto e sgusciante come un’anguilla, capace di lasciarti sul posto se non usi come si deve i”ferri del mestiere” , quelli che il tempo e il minutaggio in campo ti hanno consegnato di diritto. La sua bravura era innata, senso di posizione e ottima visione di gioco, come detto, sono stati i principali punti di forza per tutto l’arco della sua carriera, che negli ultimi anni sono stati affiancati anche da una innaturale capacità di calciare da fermo che ha spesso regalato i gol di cui sopra.
Ci lasciamo proprio con uno dei gol fondamentali per la conquista dei tre punti, quello contro il Messina, che fece esplodere il San Paolo nonostante la simpatia nei confronti dei tifosi siciliani da sempre amici dei partenopei.
Ecco il video della “perla” di Luppi: