E’ sabato. Non un sabato qualunque ma il 3 maggio, il giorno della finalissima di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Tutta la città sotto l’ombra del Vesuvio non aspetta altro, così come è tantissima l’attesa anche in Toscana: in palio un trofeo che rivitalizzerebbe due squadre dal campionato altalenante ma già convincente, positivo e spettacolare. A raccontare gioie, emozioni e sensazioni del giorno del big match è in esclusiva per SpazioNapoli Boris Sollazzo, talentuosissimo scrittore dal cuore più che azzurro, giornalista di spessore e fondatore del sito di colore ExtraNapoli.
E’ arrivato il giorno tanto atteso della finalissima di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, su cosa dovranno puntare
gli azzurri per battere la squadra di Montella davvero in forma?
“Su Marek Hamsik. Sulla sua voglia di alzare una coppa da capitano, su un riscatto che può passare per una sola partita. Già, perché se lo slovacco dovesse essere il protagonista della partita più importante dell’anno, chi sentirebbe più parlare di cessione, di ragazzo triste, di problema tecnico o tattico? Già mi immagino i salotti televisivi napoletani disorientati, telecronisti che non possono rimpiangere vecchi amici, ospiti Moggi Moggi. Pardon, mogi mogi. Il mio sogno e la mia speranza sono questi: sono convinto che Marekiaro sia fatto per giocare alla grande sotto la guida di Benitez e che le difficoltà di quest’anno nascano solo da un infortunio antipaticissimo, dalla sua abitudine, per anni, al 3-5-2, e da un momento psicologico difficile causato da una partenza a razzo e da uno stop mai così lungo per lui, nell’andare a rete così come nell’offrire buone prestazioni. A Milano, per quello scorcio di partita, mi è piaciuto: chissà che Rafa non lo tenga in panchina per spaccare la partita. Oltre al nostro campione, poi, serve una concentrazione feroce. Vorrei rivedere il Napoli operaio e opportunista che ha battuto la Roma in campionato, più che quello che ha scacchiato l’Arsenal. Serve la clava, non il fioretto”.
Come verrà considerata la stagione degli azzurri in caso di vittoria o di sconfitta della finale? Il risultato influenzerà il bilancio di tutto l’anno dei partenopei?
“Influenzerà il giudizio degli ottusi e di coloro che sono in malafede, questo è certo. Siamo all’inizio di un ciclo, non è una singola vittoria in una sola partita, per quanto importante, a dare il senso di una stagione. Altrimenti Alex Ferguson al suo primo campionato a Manchester lo avrebbero umiliato in pubblica piazza. Vogliamo il modello Dortmund? Bene, guardate come viene giudicato Klopp dopo questa stagione. Benitez ci ha fatto diventare una squadra europea che ha fatto in Champions poco meno della somma dei punti di Juventus e Milan. Abbiamo scoperto di poter battere tutti, di poter giocare con un modulo moderno e non con la difesa a tre che ormai vince solo in Italia. Nei prossimi anni dovremo conquistare continuità e carattere. Roma non fu costruita in un giorno. E neanche, nel calcio, Barcellona o Dortmund, appunto. Detto questo dobbiamo vincere: perché questa coppa sarebbe una firma indelebile su un progetto meraviglioso. E farebbe lavorare De Laurentiis, Bigon e Rafa con la giusta tranquillità. E farebbe esultare il sottoscritto come un bambino”.
La Fiorentina ha sicuramente meno da perdere rispetto al Napoli di Benitez, quanto sarà importante per te la componente psicologica e l’esperienza dei giocatori in campo e dei due allenatori?
“Il grande problema del Napoli in questa finale è la pressione che tutti le stanno mettendo addosso, in qualità di presunta favorita. Credo sia un modo di “gufare”. Gli scontri diretti dimostrano che le due squadre, nel confronto uno contro uno si equivalgono. La componente psicologica sarà fondamentale: il Napoli non deve adagiarsi sulle importanti assenze della Fiorentina. Anzi. Cuadrado e Gomez fuori consentiranno loro di essere più prudenti e coperti, l’eventuale presenza di un Rossi che in 90 o al massimo 120 minuti si gioca la presenza al mondiale, potrebbe creare un mix doloroso per gli azzurri, che avranno di fronte un centrocampo fortissimo a cui fare fronte con il sacrificio dei rifinitori, Inler e Jorginho e probabilmente Henrique in appoggio. Conterà molto anche l’esperienza e per questo confido in Higuain che deve togliersi di dosso gli errori dell’Europa League, in Callejón a cui Madrid e Mourinho hanno dato una mentalità vincente forgiata nel granito e Reina. Dall’altra parte però i Borja Valero e gli Aquilani non saranno da meno. Sulle panchine non vedo vantaggi da una parte e dall’altra. Rafa Benitez, a dispetto delle “sbruffonerie” di Conte, alle partite decisive è abituato, i grandi scontri li sa vincere. È uno a cui telefonare, insomma: quest’anno, quando ha perso i big match, lo ha fatto soprattutto per motivi esterni. Juventus e Roma all’andata sono state condizionate dall’arbitro, così come la partita di Dortmund, senza il rigore generoso fischiato a Fernandez e quello colossale negato al Pipita, sarebbe finita molto diversamente. L’unico scontro al vertice davvero fallito rimane quello di Londra, contro l’Arsenal. Ma si sbaglierebbe a giudicare Montella un giovane inesperto. A differenza dello spagnolo è stato un grande campione che ha giocato tante partite decisive, che ha saputo tener testa ad avversari, interni ed esterni, molto scomodi. Ed è sicuramente il miglior allenatore italiano della serie A. Uno che mi piacerebbe vedere fra una quindicina d’anni sulla panchina azzurra, a ciclo di Benitez concluso. È per il suo bene, quindi, che non deve vincere questa Coppa Italia. Non glielo perdoneremmo. Chi ama e perde non dimentica”.
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