Ci siamo. Il punto focale di un’intera stagione, la partita dell’anno, il match decisivo. Si sono sprecati gli epiteti per definire Fiorentina-Napoli, la finale di Coppa Italia che si giocherà questa sera allo Stadio Olimpico di Roma. Un appuntamento da centrare a tutti costi per le due compagini che ben altro si aspettavano da questa stagione, ma che potrebbero dare lustro a bacheca, orgoglio e autostima con la conquista della coppa nazionale con il conseguente diritto di sfidare la Juventus per la Supercoppa. Un motivo in più per prevalere. Sia in quel di Firenze che a Napoli, infatti, quella contro i bianconeri è la sfida più sentita per ragioni storiche, ideologiche e d’appartenenza. Partenopei e gigliati vorranno regalarsi un’altra grande notte, ad agosto, a Pechino, per consumare le rispettive vendette.
Il Napoli e i napoletani non ha ancora dimenticato l’11 agosto 2012. Non hanno dimenticato la pioggia battente sulla capitale cinese, quel Juventus-Napoli nella cornice tanto storica quanto inusuale del “Nido d’uccello” pechinese. E non hanno dimenticato Mazzoleni e le due discutibili espulsioni che indirizzarono il match sui binari bianconeri, proprio nel giorno in cui il calcio nostrano sperimentava, per la prima volta ma senza successo, i sei direttori di gara. Ben presto il match, sotto la scellerata guida del fischietto di Bergamo assunse i connotati di un far west con falli, fallacci, cartellini rossi, con tanto di colpo di scena finale: gli azzurri disertano la premiazione in segno di protesta.
Una ferita ancora aperta, dunque, per quella gara che avrebbe potuto regalare il secondo trofeo dell’era De Laurentiis e che invece si rivelò l’ennesima pantomima di un calcio italiano in grado di mostrarsi nelle vesti peggiori anche ad inenarrabili chilometri di distanza.
La data cerchiata in rosso sul calendario viola è più recente e risale allo scorso 20 marzo. Si giocano gli ottavi di finale di Europa League. Il destino, espressosi mediante l’urna di Nyon, mise di fronte due italiane, Fiorentina e Juventus appunto, a giocarsi l’accesso ai quarti. Nonostante la formazione di Montella non sfigurò affatto contro la corazzata di Conte, tenendo apertissimo il discorso qualificazione con il gol di Gomez all’andata, a prevalere furono proprio i bianconeri grazie ad una magia di Pirlo nella gara di ritorno, in un Franchi gremito, palpitante, viola.
Psicodramma calcistico e campanilistico in una luogo dove la partita contro la Juve non sarà mai una partita qualsiasi. Nella città di Dante, il bianconero è deprecato tanto quanto il nerazzurro degli odiati cugini pisani: il che la dice lunga, molto lunga. Un odio che risale al 1928 e che nel corso della storia si è cementificato, arricchendosi di molti altri episodi: dalla partita del 53 che i fiorentini più longevi ancora ricordano, alle schermaglie più recenti sul mercato con Berbatov prima e Jovetic poi. Un’animosità innata, una rivalità tanto radicata da disperdersi nei meandri della storia, che fa il paio con quella sentita dai partenopei per i quali la Vecchia Signora rappresenta il nemico numero 1.
La finale di questa sera, quindi, si arricchisce di un’altra accezione. In uno sport in cui le motivazioni rappresentano un aspetto vitale, potrebbe risultare decisiva ai fini della vittoria finale la volontà non solo di ottenere un trofeo che rimarcherebbe l’andamento di una stagione positiva ma altalenante, ma anche quella di poter affrontare in un’epocale duello in salsa orientale l’avversaria di sempre, la più odiata, nella finale di Supercoppa alla ricerca di quella tanto agognata rivalsa.
Antonio Allard
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Articolo modificato 3 Mag 2014 - 09:15