1 - TOR DI QUINTO. La notte del tre maggio ha regalato una soddisfazione immensa ai tifosi napoletani, la quinta Coppa Italia della storia azzurra. Tutto davvero perfetto. E lo sarebbe davvero, se soltanto quella serata non fosse stata segnata da una tristezza ancora maggiore: il ferimento a morte (si spegnerà il 25 giugno dopo una lunga agonia) del tifoso azzurro Ciro Esposito, raggiunto da un colpo di arma da fuoco alla schiena. Ma partiamo con ordine. È la notte del 3 maggio, e i tifosi di Napoli e Fiorentina si sono riversati per le strade di Roma per assistere alla finale della Coppa Italia. Ma le vie della Capitale si rivelano una trappola per i tifosi partenopei: alcuni gruppi del tifo organizzato romanista assaltano i pullman che trasportano i sostenitori arrivati da Napoli. Nasce dunque una serie di scontri, e a farne le spese è Ciro Esposito, raggiunto da un proiettile esploso dall’ex ultrà giallorosso Daniele De Sanctis. Il ragazzo di Scampia si è spento dopo un mese e mezzo di agonia. A sei mesi di distanza la verità è nota solo in parte: troppe versioni diverse sono state raccontate. Le immagini che un napoletano vuole dimenticare sono quelle degli scontri, quelle delle edizioni straordinarie dei telegiornali, quelle che ritraevano lanci di petardi e sommosse. Ma non solo: anche quelle che ritraevano il corpo agonizzante di Ciro, circondato dalla folla di soccorritori. Persone ordinarie giunte a Roma per assistere alla partita. Queste sono le scene che un tifoso azzurro vuole dimenticare. Ma il ricordo di Ciro no. Quello non morirà mai.
Ciro Esposito, 30 anni, il tifoso napoletano ferito ieri prima della finale di Coppa Italia, è ancora in sala di rianimazione in coma farmacologico: è stato colpito sotto l’ascella e ha avuto una lesione al polmone e alla quinta vertebra. Qui all’ospedale Gemelli dove è ricoverato già da ieri sera sono arrivati numerosi parenti dopo essere stati, in questa via crucis del dolore, a Villa San Pietro, la struttura sanitaria dove è stato inizialmente portato il ferito.
Ore di angoscia per il padre Giovanni e per i due fratelli di Ciro, Pasquale e Michele, e per la fidanzata Simona Rainone.
Il ragazzo lavora nell’autolavaggio di famiglia, nel quartiere di Scampia, alla periferia nord di Napoli. A raccontare le concitate sequenze dell’aggressione a Saxa Rubra è il cugino di Ciro, Domenico Pinto, anche lui 30enne.
Dice Mimmo: “Eravamo arrivati a Roma con due auto, con un gruppo di amici che solitamente segue le trasferte del Napoli. Siamo stati anche a Liverpool e Manchester. Eravamo in dieci, abbiamo parcheggiato seguendo i percorsi obbligati. Ci stavamo avviano a piedi verso lo stadio. Per noi doveva essere una festa, avevamo con noi anche i casatielli e la frittata di maccheroni, quando da un vivaio è uscito un energumeno che, quando ha capito che eravamo tifosi del Napoli, ha cominciato anche a sparare”.
A Domenico le parole si strozzano in gola e la rabbia lo fa andare avanti con lentezza: “Ciro è caduto subito a terra e ha detto: “Mi hanno ferito al petto”. Poi ha perso conoscenza, hanno cercato di rianimarlo mentre aspettavamo l’arrivo dell’ambulanza che si è fatta viva solo dopo molto tempo. Io ho cercato di entrare nell’ambulanza, ci hanno allontanati e tenuto all’oscuro di ogni notizia”.
Il padre Giovanni rincara la dose: “Sono stato avvertito da mio nipote e mi sono precipitato subito a Roma. Pensavo che mio figlio fosse solo ferito alla mano. Invece sta lottando per la vita. Siamo qui al pronto soccorso e abbiamo passato la notte di angoscia in questa sala d’attesa senza che nessuno dalla Questura ci comunicasse ufficialmente cosa era successo e cosa stava accadendo”.
Nello stesso ospedale è ricoverato anche l’ultrà che ha sparato.
Hanno parlato anche gli zii di Ciro, Francesco e Giuseppe Esposito, raccontando i momenti successivi al ferimento di loro nipote “É stato proprio Genny, ‘a carogna il primo a soccorrere mio nipote. Sono state dette un sacco di sciocchezze su mio nipote che è un ragazzo onesto e lavoratore. Solo perchè abita e lavora a Scampia. Si è trattato di un vero agguato. Mio nipote è una persona onesta, lavora in un autolavaggio a Scampia, un’attività del tutto in regola. Lui è arrivato a Roma con altri tifosi a bordo di due auto. Dopo aver parcheggiato sono scesi per andare allo stadio quando sono stati aggrediti da quest’uomo armato, che sembrava un naziskin. Aveva anche un tatuaggio con la scritta SPQR. Noi siamo gente onesta. Io sono un ex sindacalista della Cgil e lui è il presidente dei ragazzi del muretto ed ex consigliere dei Democratici di sinistra. Ciro non ha niente a che fare con questi delinquenti. Però vogliamo precisare una cosa per amore della verità. Proprio questo Genny ‘ a carogna è stato il primo a dare soccorso a Ciro”.
Articolo modificato 4 Mag 2014 - 12:50