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L’Atletico Madrid nell’occhio del ciclone, luci ed ombre del fair play finanziario

Da qualche settimana, a cavallo della doppia semifinale di Champions League tra Atletico Madrid e Chelsea, hanno ripreso corpo in Spagna le voci e i sospetti sulla salute delle finanze del club madrileno. A fronte di un’esposizione nei confronti del Fisco di circa 200 milioni di euro e con interessi annui che ammontano a 17, la seconda squadra di Madrid è riuscita in questi ultimi anni ad allestire formazione ultracompetitive, che hanno portato in dote due Europa League, una Coppa del Re e una Supercoppa Europea. Ecco com’è stato possibile, secondo i bene informati.

OPERAZIONE FALCAO. Al termine della stagione 2010/2011, l’Atletico Madrid ha chiuso la Liga al settimo posto, fuori dall’Europa e, come dicevamo, una situazione debitoria importante che impone pesanti sacrifici sul mercato: via de Gea (al Manchester United per 20 milioni), Elias passa allo Sporting Lisbona per 8,5 milioni, Forlan all’Inter per 5 e Aguero si accasa al Manchester City per la bellezza di 45 milioni di euro. Incassi complessivi per 85 milioni, che però non vengono destinati direttamente all’Agenzia delle Entrate spagnola, come imporrebbe il buon senso e non solo. Il club colchonero raggiunge un accordo per rateizzare su più anni il suo debito e reinveste per 91 milioni di euro nella successiva campagna acquisti, 53 dei quali per l’esterno turco Arda Turan (13 milioni versati al Galatasaray) e per il fortissimo attaccante colombiano Radamel Falcao, prelevato per 40 dal Porto.

Qualcosa non torna, se i numeri hanno ancora un senso. Il segreto sta nella collaborazione, raccontata dettagliatamente dal giornalista de El Pais Jose Marcos e confermata a parole dal presidente della Lega Javier Tebas, con il fondo di investimento Doyen Sports, nei quali avrebbe degli interessi anche il potente agente portoghese Jorge Mendes, guarda caso procuratore di Falcao. Secondo queste fonti, il passaggio del Tigre dal Porto all’Atletico Madrid sarebbe costato solo 18 milioni di euro alla formazione iberica, in virtù del 55% della titolarità dei diritti sul giocatore della Doyen. Due stagioni dopo, Falcao si è trasferito nel Monaco del magnate russo Dmitry Ryboloblev per 60 milioni di euro, ma di questi solo una parte sono rimasti nelle casse del club.

L’anno prima infatti, il calciatore, come ricompensa per la decisione di rifiutare la corte di Chelsea e Real Madrid e restare una stagione in più agli ordini di Simeone, è entrato in possesso di parte del suo cartellino, guadagnando qualcosa come 15 milioni sul suo trasferimento nel Principato. Sui restanti 45, in teoria da destinare al Porto nell’ambito del pagamento rateale pattuito al suo tempo per mettere le mani sul colombiano e dal solito Fisco, è il buio più totale. Nessuno sa realmente dove siano andati a finire. Il sospetto del pesante coinvolgimento di un fondo di investimento negli affari dell’Atletico è stato dato per assodato da Tebas, che su questo meccanismo denominato Tpo (third party ownership) ha dichiarato: “Se c’è un meccanismo che permette ai team di accedere a buoni giocatori bisogna usarlo”.

LA UEFA VIGILA. Messaggio chiaro e spiegabile dal suo punto di vista, perchè questo escamotage facilita la possibilità che i club spagnoli riescano a mettere le mani sui migliori calciatori in circolazione, portando a un’evidente valorizzazione del prodotto calcio in giro per il mondo e a incassi più alti dalle televisioni. La Uefa, in tema di fair play finanziario, ha già lasciato intendere di voler vederci chiaro e di non gradire affatto questa pratica, come confermato dal presidente Michel Platini: “Se la Fifa non dovesse intervenire per mettere al bando questo sistema, interverremo a livello di Uefa”.

FONTE calciomercato.com

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Scritto da
redazione