Riccardo Bigon, in un’intervista al Corriere dello Sport, parla di mercato e anticipa le intenzioni del club partenopeo per il prossimo anno.
Bigon, ci vorrebbe una domanda da un milione di dollari per cominciare…
«Voliamo già troppo alto…».
Partiamo bassi, allora: che Napoli sarà?
«Ambizioso, competitivo, più forte di quello che ha appena chiuso al terzo posto, segnando centoquattro reti in tutte le manifestazioni, mandando tre calciatori in doppia cifra – per la prima volta – e con altri, Insigne, Pandev e Hamsik potenzialmente in grado d’arrivarci».
Un 2014 da ricordare.
«Aggiungo: con una squadra che ha aggiunto la coppa Italia nella bacheca del club e che ha regalato partite di assoluto livello spettacolare. Riuscire ad imporsi non è mai semplice però noi siamo stati capaci di farlo: e tutto è accaduto proprio all’alba di un netto cambiamento nelle consolidate abitudini del Napoli. Per alcuni, il mutamento genetico può apparire come un dettaglio: chi frequenta questo mondo e ne conosce le dinamiche, può intuire quanti e quali rischi comporta una trasformazione tattica».
Il mercato per voi è già cominciato. Avete già aggiunto Andujar e Koulibaly.
«Ci siamo mossi in anticipo. Ma ora comincia il periodo più complicato, perché il Mondiale rappresenta una sorta di tappo».
Nascono complicazioni «diverse».
«Chi deve cedere, aspetta che il campo dia ulteriore valore ai propri calciatori: la vetrina del Brasile ingigantisce i meriti, dà quindi ulteriore peso alle valutazioni. Chi vuol comprare, vorrebbe far prima, per evitare di ritrovarsi in quel meccanismo che poi alimenta le aste. Però siamo preparati anche a questo».
E voi andrete in Brasile?
«Tredici giocatori dell’organico e altri tre che erano in giro. Capirà che non sarà semplice individuare calciatori più forti, perché se in sedici hanno meritato la Nazionale e la partecipazione alla competizione più avvincente e gratificante, vuol dire che il livello qualitativo del Napoli è già rivelante. Rinforzare una squadra che ha a disposizione gente di questo calibro diventa un esercizio complesso».
Ci andrete anche come società.
«Certo che sì. E’ un dovere. Ci sarà un uomo dell’area scouting, ovviamente. Saremo attenti a quello che suggerirà il Mondiale, anche se abbiamo osservato il panorama calcistico internazionale, così come hanno fatto gli altri, e dunque possiamo soltanto arricchire ulteriormente le nostre conoscenze».
Prendendola alla larga, consenta: è stata una stagione nella quale s’è consumata anche la rivincita d’un gruppo di lavoro, il suo, finito in passato sotto la lente di ingrandimento.
«Non cercavamo rivalse. Chi vive nel calcio sa che il campo ti premia o ti punisce, che talvolta certe operazioni non appagano le tue aspirazioni. Diciamo che stavolta è andata bene. Ma noi lavoriamo sempre con identico impegno».
Che Napoli tenterà di (ri)costruire?
«Dobbiamo integrarlo, non rivoluzionarlo. E’ chiaro che non conosciamo le evoluzioni del prossimo trimestre, quelle non sono possibili anticiparle, ma le idee sono chiarissime: c’è una lista per ogni ruolo, in alcuni abbiamo 2-3 opzioni, in altri ce ne possono essere 5-6. Saranno calciatori di personalità: ma si badi, per aver carisma non è necessario aver già vinto la Champions…».
Azzardiamo: un difensore, due centrocampisti, un vice-Higuain e un quinto uomo che potrebbe comparire dal cilindro d’una sessione che non può essere anticipata?
«Non sarebbe giusto scendere in questi dettagli, però posso dire che chi verrà al Napoli dovrà avere lo spirito espresso da questa città e dai suoi tifosi»
Partite da un vantaggio…
«Quello di un gruppo che conosce le radicate esperienze di allenamento del proprio tecnico, che ha studiato per un anno Benitez e, lo dice il campo, ha imparato bene i metodi, i sistemi e le sue aspettative. Il lavoro del tecnico è stato determinante per superare un (eventualmente) critico periodo di adattamento: il Napoli veniva da quattro stagioni ricche di soddisfazioni, caratterizzate dalle certezze tattiche di Mazzarri e dalla bontà dei suoi risultati. ».
Permetta di scavare qualche notizia: c’è tra Mascherano, Fernando, Javi Martinez e Gonalons il centrocampista di spessore che acquisterete?
«Il nomi li ha fatti lei. Diciamo che ci potrebbe essere, che certo se uscisse da questa quaterna vuol dire che potremmo essere soddisfatti del nostro intervento. Però potrebbe anche non esserci, attenzione. Conosco le insidie del mercato, so che le situazioni cambiano da un momento all’altro e non mi tuffo in disquisizioni che non sarebbero opportune».
Per schiodarla dal ruolo: Gonalons vi piace sempre?
«Se ci piaceva a gennaio non può non piacerci più all’improvviso. Ma poi entriamo nel terreno minato della strategia e dunque io scappo da qualsiasi altra divagazione dialettica: null’altro da aggiungere. E poi qualcosa è cambiata, intanto…».
A Benitez continua ad andare a genio, e molto, Mascherano?
«Immagino di sì, com’è giusto che sia, perché parliamo di un calciatore straordinario, che ha alle spalle una carriera di assoluto livello. Ma abbiamo letto anche le dichiarazioni di Luis Enrique e quindi…».
Javi Martinez, lo spagnolo del Bayern vi darebbe fisicità: in mezzo ve ne serve, soprattutto per catturar palloni di testa.
«L’analisi è giusta. Punto».
Fuori un altro: che faccia avrà il vice-Higuain?
«Per il momento ha quella di Pandev e di Zapata, calciatori che hanno fatto benissimo e che rappresentano, con gli altri, la nostra identità di squadra. Poi è indiscutibile che si possa anche inseguire un interprete con caratteristiche diverse».
Non ci lasceremo smentire, né tenteremo inutilmente di estirparle nomi: ma il profilo dei nuovi acquisti resterà quello di sempre?
«Il progetto De Laurentiis si è sviluppato attraverso linee-guida che hanno consentito di crescere e di vincere. E’ chiaro che li vorremmo giovani e forti, ma non sempre questo è possibile. E però la storia dell’ultimo decennio sottolinea che siamo attenti all’anagrafe ma anche al talento: gli Higuain e i Callejon e i Mertens e i Reina e gli Albiol non erano promesse, l’estate scorsa. Avevano un curriculum, successi in quantità industriale: la miscela sarà quella giusta, chi punta in alto è consapevole degli indirizzi da seguire».
Per capire: a cosa punterete?
«Sono consapevole delle vostre esigenze, ma s’è appena chiuso un campionato… Però sarà semplice svelare che il Napoli vorrà continuare a essere quello ch’è stato: un club che vuole vincere, perfettamente in linea con le aspirazioni del proprio allenatore, che ha sempre voglia di qualche titolo. Come noi».
Il preliminare toglie qualcosa?
«Due delle partite più importanti della prossima stagione sono fissate ad agosto: è un pericolo, ma anche una sfida. Che vogliamo aggiudicarci. I regolamenti li conosciamo, sappiamo che c’è in scadenza subito l’appuntamento che vale».
Per lei cosa cambia?
«Poco o niente, perché nessuno è mai arrivato in ritiro con la squadra già completata. Ci proveremo ma sarà impresa ardua, perché i tempi non coincidono mai. E perché non vogliamo aver fretta».
Quale fase ha la precedenza: quella delle cessioni o quella degli acquisti?
«Non mi pongo la questione. Bisogna verificare gli interessi propri e quelli altrui. E navigare a vista, avendo però in testa un percorso ben definito. Sappiamo quel che cerchiamo».
Vargas, Cigarini, Gargano…
«Sono calciatori che sono stati impegnati altrove, che finiranno per rientrare tra le valutazioni che faremo – o che abbiamo fatto – con Benitez. Sbilanciarsi è impossibile allo stato attuale».
Non ci saranno rivoluzioni, questo è certo.
«Penso proprio di no. Lei parla di cinque nuovi arrivi ed io le rigiro la domanda: ma saranno calciatori che andranno inseriti, teoricamente, nella formazione titolare, o uomini utili per arricchire la struttura? Io non credo che il Napoli che ha appena finito l’annata con i risultati che abbiamo sottolineato abbia bisogno del 50% di innovazioni in campo».
La priorità resta il regista…
«Se glielo dicessi, mancherei di rispetto a chi è con noi. Ed io penso che tutti, principalmente chi ha giocato di meno, debba ricevere i giusti elogi. Sono stati nove mesi meravigliosi».
Affinché siano per voi ancor più belli, vi toccherà sperare che Juventus e Roma tornino umani…
«O migliorarci noi. E diventare ancora più forti. E’ quello che vogliamo».
Articolo modificato 23 Mag 2014 - 09:00