È trascorso ormai più di un mese dai fatti tragici legati alla Finale di Coppa Italia a Roma e un velo di silenzio è calato sulla vicenda che ancora oggi presenta molti interrogativi e nessuna risposta ufficiale. Magistratura, forze dell’ordine, mondo dello sport hanno prodotto in ultima istanza solo un vociare confuso, senza alcuna assunzione di responsabilità diretta e/o definitiva né azioni di qualsivoglia genere per provare a trovare soluzioni efficaci e condivise. Per approfondire gli eventi accaduti, la Fondazione Sudd, presieduta da Antonio Bassolino ha promosso un incontro-dibattito presso la sua sede in collaborazione con Il Napolista, proponendo una lettura dei fatti accaduti da punti di vista diversi, offerti da Massimiliano Gallo, Claudio Botti, Vittorio Zambardino, Biagio De Giovanni, Anna Trieste, Claudio Velardi e Antonio Bassolino.
Dall’interessante discussione, a tratti vivace grazie alle provocazioni dialettiche di Claudio Velardi, sono emersi alcuni temi di interesse particolare in relazione a quel sabato, ad esempio dapprima la totale mancanza di informazione, cui ha fatto seguito un’informazione gonfiata e distorta dei fatti. Altro tema di interesse sollevato dagli ospiti è stata la responsabilità e la gestione dell’ordine pubblico, che hanno manifestato evidenti e gravi carenze. A questo riguardo Massimiliano Gallo ha sottolineato come l’unico quotidiano (il Mattino) che abbia provato a indagare le cause degli incidenti di Tor di Quinto, nonostante la pubblicazione di elementi di prova rilevanti non sia riuscito a portare alla ribalta nazionale quanto. Naturalmente gli intervenuti si sono chiesti come mai i responsabili (Prefetto e Questore) non siano stati minimamente sfiorati dal pensiero di presentare le dimissioni, una prassi che sarebbe stata certamente naturale in un altro paese.
Lo stesso Claudio Botti ha rimarcato come la questione della sicurezza degli eventi sportivi sia semplicemente questione di ordine pubblico, che lo Stato deve farsi carico di assicurare e garantire affinchè l’evento sportivo sia fruibile a tutti senza timori. Sempre Claudio Botti ha sottolineato anche come sia stato ridicolo il provvedimento di DASPO comminato al De Tommaso per la maglietta, dopo essere stato designato come rappresentante (ma da chi?) dei tifosi del Napoli presso lo stadio Olimpico. L’attenzione di Anna Trieste si è invece concentrata sul corto circuito mediatico, sottolineando come sia avvenuto un ribaltamento della realtà. Laddove l’evento di enorme gravità del tentato omicidio è stato praticamente cancellato dalla figura di Gennaro De Tommaso (alias Genny ‘a carogn’), usato come strumento per criminalizzare la tifoseria e la città di Napoli. Talk show, puntate speciali, investigazioni tv sono state dedicate ad approfondire “il male nel tifo napoletano”, usando l’intero repertorio di stereotipi e luoghi comuni per operare l’equazione ultras=male=città di Napoli.
Si è naturalmente discusso del cosiddetto modello inglese, verificando però come anch’esso presenti delle criticità e che probabilmente l’origine del fenomeno degli hooligans britannici sia diverso da quelli che hanno generato i violenti da stadio in Italia. È stato sottolineato come sia in atto una vera e propria guerra nelle curve degli stadi d’Italia, un conflitto generato dal fatto che la minoranza violenta abbia trasformato il tifo in business. A tal riguardo sono stati ricordati i regolamenti di conti avvenuti a Torino nel tifo organizzato bianconero o a Milano in quello rossonero, fatti che però non sono assurti agli onori delle cronache.
In conclusione, la riflessione a mente fredda ad un mese di distanza dagli eventi ha portato a dover ammettere come non ci sia stato ancora nessun passo avanti nella ricostruzione dei fatti. Resta ignota la dinamica degli eventi che ha portato al ferimento di Ciro Esposito (ancora in gravi condizioni) e di altre tre persone. A maggior beffa non sembra esserci alcuna reale volontà di operare scelte politiche per andare verso la risoluzione dei problemi correlati alla violenza dentro e fuori dagli stadi. Senza avviare una discussione ampia che porti a soluzioni condivise non c’è prospettiva risolutiva e anzi, si torna al punto di partenza, in attesa che il prossimo evento violento legato al calcio faccia ripartire il carrozzone mediatico e lo sdegno collettivo che dureranno ovviamente una settimana, al massimo.
Andrea Iovene
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Articolo modificato 5 Giu 2014 - 12:18