Dispiace trovarsi nella condizione di dover essere duri nei confronti del CT Prandelli, ma purtroppo sono numerose ed evidenti le sue responsabilità nell’eliminazione azzurra, a cominciare dalla scelta degli uomini per la spedizione in Brasile: dall’assenza di centrocampisti di quantità in grado di irrobustire il reparto all’occorrenza, fino alla mancanza di almeno un esterno sinistro di ruolo, fatto che ha costretto di volta in volta a soluzione a dir poco arrangiate.
La partita di questa sera sancisce di fatto un vecchio adagio del calcio: se giochi per pareggiare, facilmente finirai per perdere. La scelta della formazione iniziale è sembrata più frutto dell’onda popolar-giornalistica che di un ragionamento ponderato del CT, il 3-5-2 senza gli interpreti adatti in ogni ruolo diventa un modulo buono per difendere ma inutile per attaccare. Il mancato supporto della manovra offensiva da parte degli esterni ha costretto da subito gli azzurri a giocare per vie centrali, andando a schiacciarsi contro il muro eretto dall’Uruguay con due linee di giocatori molto vicine tra loro. Si è iniziato all’insegna del “primo non prenderle” da parte di entrambe le squadre, una scelta che ha generato quindi 45′ di non calcio, con sonora bordata di fischi del pubblico a corollario.
Ma se la formazione iniziale era fatta per non giocare, la scelta di togliere Balotelli (legittima visto quanto era andato vicino al rosso nella prima frazione) per sostituirlo con Parolo ha di fatto finito con l’isolare del tutto Immobile rendendo inutile la sua presenza e al contempo ha costretto il baricentro della squadra ad abbassarsi moltissimo, finendo con la linea difensiva stabilmente dentro l’area.
L’espulsione di Marchisio, criticabile forse ma non inaspettata vista la fama dell’arbitro (noto per la sua facilità ai cartellini), ha completato il disastro con la nazionale finita a rintanarsi dentro l’area di rigore. L’ingresso di Cassano tutto sommato riusciva anche ad offrire un qualche contributo in termini di freschezza, ma sempre senza mai tirar fuori la testa verso la difesa uruguagia. Gli avversari con l’ingresso di Stuani e Ramirez hanno allargato le maglie della difesa e consentito di iniziare a scodellare palloni verso l’area, da qui il quasi rigore su Cavani, calci d’angolo ripetuti e infine il gol di Godin che chiude i conti.
Paradossalmente l’Italia più propositiva è stata quella stremata degli ultimi dieci minuti che con i nervi ha provato a cercare il gol qualificazione nel finale, senza riuscire però a calciare verso la porta di Muslera. Meritata quindi l’eliminazione alla fine delle tre partite, in un Mondiale dove l’Italia non ha espresso né una chiara idea di gioco né tanto meno una organizzazione di squadra capace di mascherarne i limiti. Perso per strada Montolivo e con lui il rombo di centrocampo, Prandelli ha smarrito la bussola, non riuscendo a venire a capo di quello che era diventato man mano un rebus troppo complicato, trovare uno schieramento logico che non mettesse i giocatori più in difficoltà di quanto una preparazione atletica approssimativa e il clima stessero già facendo.
Missione compiuta insomma. Se Prandelli deciderà di continuare il suo rapporto con la nazionale, farà bene a impostare il lavoro su una radicale rivoluzione, mettendo da parte blocchi e idee bislacche e puntando invece su un gruppo giovane da svezzare con il lavoro sul campo di concerto con i club. Diversamente figuracce come quella degli ultimi due Mondiali diventeranno semplicemente ordinarie.
Andrea Iovene
Riproduzione Riservata