L’Italia è fuori dal Mondiale brasiliano. Ed ormai non è più neanche una notizia. L’Italia “prandelliana” è finita. Via codice etico, via quattro anni di lavoro, via i successivi due che avevano già la firma fatta. Ed anche questa non sembra ormai una notizia.
A distanza di quattro anni l’Italia dal Sudafrica al Brasile non è riuscita ad imbastire una squadra capace di superare la fase a girone dei Mondiali. Com’è vero che le vittorie alle volte possono fare male. Dopo il successo in Germania dei Pirlo, Cannavaro, Materazzi, Totti e Del Piero non siamo riusciti a creare un gruppo tale da poter superare le varie Costa Rica, Slovacchia, Uruguay e la malandata Inghilterra.
Colpa dei senatori, si diceva dopo quell’uscita cocente con il Lippi bis in panca negli stadi ricchi di vuvuzela e clamore. Colpa della nuova guardia, si è sentito ieri proferire dalla bocca di personaggi non di poco conto all’interno dello spogliatoio azzurro. La stampa nazionale suggerisce che sia Balotelli il destinatario di quelle critiche ed invero l’attaccante ora milanista, prima interista, con di mezzo la parentesi a Manchester non ha di certo disputato un mondiale poi ed una stagione prima di rilievo. Se non altro per le potenzialità fisiche e tecniche del giocatore, che sembrano smarrirsi nei ricordi, complice una vita sregolata che non si addice propriamente ad un atleta del suo calibro.
La sostanza però, rimane solo una. Il calcio italiano è lontano anni luce dai fasti degli anni ’90 e forse anche questo non fa più notizia. Tralasciando la parentesi del 2006 con il trionfo di Lippi in Germania, la Nazionale italiana ha lasciato troppo spesso a desiderare e l’involuzione tecnica media dei militanti azzurri è evidente come la luce del mattino. E le colpe? Come e quando è finito qui, il calcio italiano?
Prandelli ed Abete hanno già rassegnato le dimissioni come si compete a chi fallisce, ma rimane il dubbio che le scelte “politiche” delle alte sfere del nostro calcio spesso abbiano lasciato a desiderare. Non dimentichiamo che questo ERA il più bel campionato del mondo, ed oggi invece siamo relegati a fare da comparsa se paragonati al calcio della Premier ma anche della Bundesliga o della Liga spagnola.
Rimedi? Suggerimenti? Ci vorrebbe una radicale cambio di mentalità. Ci vorrebbe che i giocatori italiani iniziassero ad uscire dal guscio del proprio campionato per andare a fare esperienza all’estero (vedi Immobile, Verratti e Sirigu). Ci vorrebbero allenatori pronti a schierare giovani, titolari sin dalle loro prime uscite. Ci vorrebbero regole precise per impedire che le Primavere vadano depauperate ed i giovani persi. Com’è possibile che la maggior parte dei giocatori che timbrano il cartellino nelle differenti nazionali minori poi si perdano nelle successive fasi di crescita? Le domande sono innumerevoli e le risposte ce le aspettiamo da chi il calcio lo governa e lo fa girare come una giostra a suon di milioni.
Non dimentichiamo che questo calcio è lo stesso che ogni domenica o quasi lotta con la violenza negli stadi. Non dimentichiamo che stamattina l’ennesima vittima di questo calcio è un figlio appassionato dello stesso. Appassionato fan di questo sport e non di tutto quello che lo circonda. Il discorso allora è ancora più ampio e si allarga a macchia d’olio. Che i capitani che guidano la nave abbiano perso la retta via da un po’? Questa nave malandata viaggia esclusivamente spinta dalla passione popolare e dai soldi che gli italiani investono per acclamare i propri beniamini. Ci vorrebbe un radicale cambio di mentalità, in tutti i sensi. Non è solo la Nazionale il problema e non sarà il Mondiale a far cambiare rotta senza una precisa presa di coscienza.
Il calcio italiano è malato, in tutti i sensi e scusate l’ovvietà.
Antonio Picarelli
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