A poco meno di due mesi da quella finale di coppa Italia, dopo tremende sofferenze, Ciro Esposito è morto. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, accetta di parlare con Il Mattino solo il giorno dopo i funerali. Accetta di tornare a quel tre maggio, al pomeriggio di sangue, ai problemi legati alla violenza negli stadi.
Ministro Alfano, che impressione le hanno fatto le immagini televisive dei funerali di Ciro?
“Mi sono sembrati l’espressione del grande e profondo amore di una città e di un intero quartiere verso quel povero ragazzo”.
Ha ascoltato anche i cori dei tifosi?
“Sì, era l’espressione di un dolore collettivo. Un’emozione manifestata di abbraccio ad un ragazzo che non c’è più”.
La famiglia Esposito non ha voluto esponenti delle istituzioni ai funerali. Lei cosa pensa del comportamento mantenuto dai genitori di Ciro in questi due mesi?
“C’è stata grande dignità. La mamma di Ciro è riuscita sempre a sposare il suo profondo dolore con un senso di responsabilità straordinario. Mai un accenno a sentimenti di vendetta, mai una parola che potesse istigare a reazioni violente. Provo immensa ammirazione e profonda vicinanza verso questa famiglia”.
Che cosa direbbe alla mamma di Ciro?
“Le esprimerei tutto il mio rispetto. Le direi, le sue parole sono state un insegnamento per tutto il Paese, un faro per tutte le persone costrette a subire delle terribili esperienze di vita”.
Crede abbia fondamento il j’accuse della famiglia sulle carenze nella gestione dell’ordine pubblico in quel pomeriggio?
“Su questo, sono di parere diverso. Non va dimenticato che il responsabile della sparatoria è stato subito individuato e catturato. Questo è un risultato che porterà a dare giustizia alla vittima di questa vicenda. Non ci sarà di certo impunità per questo omicidio”.
Davvero è convinto che quel giorno a Roma sia stato fatto di tutto per prevenire incidenti e scontri?
“Vennero impiegati 1486 uomini e oltre 900 steward. Il punto è che
una persona, in compagnia di pochi altri, si è spostata nella zona
diTor di Quinto provocando un evento imprevedibile ed imprevisto”.
Non c’era da presidiare meglio l’area di Tor di Quinto?
“In quella zona non erano previsti assembramenti. Nelle varie aree
di accesso allo stadio, c’era un alto sforzo di controllo delle forze dell’ordine. Da Tor di Quinto, non distante dalla curva nord dove era smistata la tifoseria napoletana, il transito era considerato tranquillo. Purtroppo, si è sviluppata una vicenda in
condizioni uniche e particolari”.
Che intende dire?
“Che non si configurava alcuna presenza di gruppi organizzati da
quelle parti. Si è trattato di un evento del tutto imprevedibile,
sulla cui ricostruzione ormai si sa quasi tutto”.
Non pensa che, nei giorni successivi al ferimento di Ciro, l’attenzione, anche mediatica, sia stata troppo sbilanciata su
Jenny la carogna e non sul ragazzo in pericolo di morte?
“È evidente che tutta la tragedia si sia sviluppata ad alcuni chilometri dallo stadio. All’interno dell’Olimpico non si sono
verificati episodi di violenza. Io resto convinto che quella del
Napoli sia una tifoseria sana, che nutre grande amore per il calcio”.
Daniele De Santis era colpito dal Daspo: non crede sia un provvedimento inutile ad impedire aggressioni fuori dagli stadi?
“Sì, per questo penso ad un provvedimento di polizia ulteriore
per chi è colpito dal Daspo”.
Che provvedimento?
“L’obbligo di firma nelle ore della partita. In questo modo,
imponendola presenza nei commissariati, si eviterebbe che i
soggetti con il Daspo entrino furtivamente negli stadi, o
programmino azioni violente all’esterno, come è accaduto a
Roma”.
Il discorso ricade di nuovo su quell’azione imprevedibile, ma programmata. Crede che questore e prefetto di Roma non abbiano nulla da rimproverarsi?
“Non credo che questore e prefetto di Roma siano responsabili per quello che è accaduto: era imponderabile che ci fosse una persona armata e disposta a sparare. Dobbiamo piuttosto evitare che tutto quello che è accaduto il 3 maggio scorso possa ripetersi”.
Che misure preventive sono in programma in vista del prossimo campionato di calcio?
“Giovedì prossimo, riuniremo a Roma il Comitato nazionale per
l’ordine pubblico e la sicurezza. Abbiamo invitato i vertici del
Coni, della Figc e delle Leghe calcio. Pensiamo di avviare un
lavoro di coordinamento con le società calcistiche. La violenza si
isola e previene con la collaborazione di tutti”.
Cosa dovrebbero fare le società calcistiche?
“Contribuire a isolare le mele marce nelle tifoserie. Poi, sarà
necessaria un’opera di adeguamento in sicurezza degli
stadi».
A che campionato di calcio pensa?
“Un torneo in cui non dovrà più accadere di vedere qualcuno versare del sangue. Bisogna riportare negli stadi le famiglie.
Quindi, un’organizzazione di stadi più sicuri, regole più severe
nella prevenzione”.
Un compito che spetta al governo, ha già qualche idea?
“Sì, ma non posso anticiparLe nulla. Sto predisponendo un
pacchetto di norme da portare in consiglio dei ministri prima
dell’inizio del campionato di calcio”.
C’è una filosofia guida?
“Tolleranza zero verso chi fa della violenza il credo del suo tifo.
L’obiettivo resta tenere sempre aperto il dialogo con società e
tifoserie”.
Ordine pubblico, non c’è solo la prevenzione delle violenza negli stadi. Esiste un problema di gestione nella prevenzione dei disordini in piazza?
“Negli ultimi dodici mesi, si sono tenute oltre diecimila
manifestazioni. La gestione complessiva dell’ordine pubblico è stata positiva. Le forze dell’ordine fanno ogni sforzo per prevenire incidenti, ma c’è chi va in piazza con intenti violenti e non per protestare pacificamente. Per questo, io mi schiero sempre con gli uomini e le donne in divisa”.
FONTE Il Mattino