Sono quelle scene che vorresti vedere su tutti i campi di calcio. Sono quelle scene che ti riconciliano con questo sport che alle volte si è dimenticato da dove viene e dove dovrebbe andare. Questo sport bistrattato, malmenato, stirato da mille polemiche ed altrettanto interessi economici. Questo sport malandato ma ricco, di sogni, di soldi, di fama, di passione e di vita. Questo sport che troppo spesso si accompagna con scene di violenza sui campi e negli stadi. Gli stessi templi del calcio che sembrano spesso arene dell’antica Roma, dove i giocatori fanno i gladiatori ed il pubblico sembra ancora pronto con il pollice verso per decidere la sorte della vita di uno schiavo. Si rinnova lentamente questo calcio, si rinnova con lo spray per terra di colore bianco, con l’arbitro dietro la porta. Si rinnova e si rinnoverà con le telecamere ovunque e la tecnolgia a farci vedere sin dentro al pallone. Il gioco è bello, sacro, lo spettacolo deve essere per tutti e deve essere sempre più affascinante e coinvolgente.
Ed allora? Ed allora in questo marasma di interessi economici che veicolano la nostra vita come quella del pallone, ci sono quelle scene che ti fanno ricordare da dove veniva questo “correre dietro ad una sfera rimbalzante”. Riportano questo sport, inventato dagli inglesi, sulla terra, sullo stesso piano di tanti sport, definiti “minori” ma che di minore hanno solo il numero di zeri degli introiti che l’accompagnano. Il bello è che una di queste scene si è vista sul più alto palcoscenico dello sport-calcio. In mondovisione, dalla Groenlandia al Sud Africa, da Est ad Ovest, da Nord a Sud. Tutto il mondo o quasi (tutto il mondo calcistico almeno) era sintonizzato in quel momento su quelle immagini. Dovrebbero essere responsabilizzati i giocatori in campo, dovrebbero essere coinvolti in progetti di crescita, in tentativi di rendere questo mondo un posto migliore proprio partendo dallo sport. L’unico modo sano con cui due uomini possono venire a gareggiare, l’uno cercando di superare l’altro senza esclusioni di colpi. Perchè quegli stessi giocatori e le loro gesta entrano nelle case e nelle menti di milioni di persone nello stesso istante.
Ci piace credere che la chiusura della sfida tra Brasile e Colombia, sia stato un messaggio gradito a tutto il mondo. Secondo quarto di finale del mondiale brasiliano 2014, Sud America contro Sud America, non proprio una sfida qualunque. I padroni di casa contro una delle sorprese (ma poi mica tanto per chi li conosceva prima) del mondiale. Quella Colombia mezza italiana con gli Ibarbo, Cuadrado, Zuniga, Armero contro i verdeoro grandi favoriti per la vittoria finale. Neymar contro James Rodríguez, una sfida nella sfida tra uomini che gareggiano per superarsi.
Match senza esclusioni di colpi, sfida vera, calcio a tratti entusiasmante. Ma non è un gesto sportivo quello che ha catturato la nostra attenzione. Osannare i vincitori è cosa facile, fare lo stesso con chi è sconfitto, per giunta in casa tua, è sul serio un bel gesto. Così, quel gesto di David Luiz (più ancora della grande punizione da lui tirata che ha spaccato in due la partita), rimarrà scolpito nelle menti di tanti nello stesso istante. La vera stellina del mondiale, James Rodríguez portato in trionfo in lacrime davanti al proprio pubblico, indicandolo ripetutamente, perso ormai in un pianto a dirotto. Ecco cosa ci vorrebbe ogni domenica, più che terzi tempi o saluto all’arbitro. Ci vorrebbe che chi ha vinto renda omaggio allo sconfitto, portandolo in trionfo se non altro per aver speso tutto nella speranza di uscire vincitore.
Sono questi i gesti che fanno bene al calcio, grazie David, grazie James.
Antonio Picarelli
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