C’è la prova del nove. E poi quella dell’uno. Inteso come portiere. Per Rafael Cabral Barbosa quelle di questi giorni a Castel Volturno non sono le solite giornate di inizio ritiro, fatte di sorrisi e pacche sulle spalle ai vecchi compagni. Sono le giornate in cui deve convincere Rafa Benitez che può fidarsi di lui, perché il problema al ginocchio è acqua passata. Definitivamente. Sono mattinate e pomeriggi trascorsi a seguire passo dopo passo le indicazioni di Xavi Valero, l’allenatore dei portieri, e a proseguire nel recupero tonico di una gamba che per quattro mesi e mezzo è stata a mezzo servizio, alle prese con una riabilitazione lenta ma dai risultati confortanti.
“Come stai Rafael?“. Una domanda tormentone a cui l’Atleta di Cristo risponde ogni volta allargando le braccia e facendo un gran sorriso. “Grazie a Dio è tutto passato”. Ovvio, che sia questo il quesito che deve ogni giorno, ogni ora, neutralizzare il portiere di Sorocaba quando incontra un tifoso per strada. Lui, si sa, è certo di aver messo alle spalle il suo terzo momento brutto della carriera. Ed è pronto a ricominciare, a rialzarsi, come ha fatto nel 2009, quando si ruppe una gamba. “E in tre mesi mi rimisi in piedi: un miracolo”.
Non solo: l’anno dopo Rafael è destinato a fare il titolare alle Olimpiadi di Londra con il Brasile ma si spezza un braccio poche settimane prima in allenamento. “Un altro segno del signore“, disse ancora col sorriso. Ora è qui, a Castel Volturno, con la maglia numero 1 del Napoli che stringe forte forte. La stessa della scorsa stagione, quando Reina aveva invece la numero 26. Disse, prima di una gara, “Gioco perché Pepe è infortunato? Ma io sono pronto a essere il titolare anche quando Reina sta bene”. Carattere da vendere. Si vede e lo si è sempre capito. Poi, d’altronde, basta vedere le sue vite: quella provata e quella calcistica. Ha perso la mamma giovanissimo e si è rimboccato le maniche senza esitazioni. Col Santos ha trionfato in Brasile e in Sudamerica: da titolare ha conquistato la Libertadores con Neymar compagno di squadra. Figurarsi come reagisce all’idea di non essere all’altezza di fare il titolare nel nuovo Napoli.
Nel Brasile, nella storia, erano sempre bastati e avanzati i numeri 10, i fantasisti, le ali mascherate da terzini. Ma un giorno arrivò Taffarel, primo portiere atterrato in Italia da altre galassie. Al Parma, ed era la stagione 1990-91. Poi altri muri come Dida e Julio Cesar che hanno avuto fortuna in Italia. E adesso c’è Rafael, 24 anni, 186 cm, 194 presenze col Santos che senza dubbio si candida persino a essere l’erede di Julio Cesar nella Seleçao. Undici presenze con il Napoli prima del crac in Galles nella gara di andata di Europa League con lo Swansea. In questi giorni sono numerosi i colloqui con l’altro Rafael, Benitez. Lo spagnolo lo interroga su tutto, perché deve capire se si può fidare del portiere brasiliano. L’ombra di Reina, comunque, continua a inseguirlo: da Liverpool non si attenuano i rumors su un possibile rientro in maglia azzurra del portierone geloso di prosciutto crudo e vino rosso. C’è il problema dell’ingaggio ma anche della formula (prestito o titolo definitivo) con cui magari prevedere il suo ritorno a Napoli. Chiaro, tutti gli occhi sono puntati su Rafael. Se sta bene, se dopo le prime amichevoli con FeralpiSalò e Kalloni dimostrerà nei movimenti e nei gesti di essere tornato al top, all’ora l’ombra di Reina verrà allontanata senza alcun tipo di esitazione.
Fonte: Il Mattino