Potevano cominciare dalle norme sugli stadi, dalle novità per gli impianti, dalle regole per rinvigorire il settore giovanile italiano. Potevano cominciare dai fondi per le squadre che investono sui calciatori italiani, sulle modalità per assistere le società in difficoltà, sulle tecniche per combattere ed eliminare comportamenti violenti dentro e fuori gli stadi italiani.
E invece no. Il primo Consiglio Federale targato Tavecchio ha cominciato dal basso, da quello che c’era di più urgente: la discriminazione territoriale. La riunione di Roma, infatti, ha rivisto e cambiato le norme relative agli articoli 11 e 12 del Codice di Giustizia Sportiva, quelli relativi ai comportamenti discriminatori e alla prevenzione dei fatti violenti.
La discriminazione territoriale è passata a “insulto di secondo genere” (spiegatecelo, per favore); la discriminazione razziale non sarà più equiparata a quella territoriale e considerata come illecito disciplinare.
Insomma, diciamola in parole semplici: insulti come “colerosi”, “lavali col fuoco” e “terremotati”, non provocheranno più le squalifiche immediate delle curve, o dei settori degli stadi dai quali provengono.
Le offese, gli insulti, gli ululati e i cori beceri che ci accompagnano ogni santa domenica negli stadi italiani, dunque, non costituiranno più un’offesa nel Codice di Giustizia Sportiva, né le Società saranno considerate direttamente responsabili. Dopo le polemiche sui “mangiabanane”, le risse sulle votazioni e le figuracce mondiali, ci si sarebbe aspettato ben altro dal nuovo Consiglio Federale. Ma la direzione, sembra rimanere la stessa.
Da parte nostra, non ci rimane che prendere atto dell’ennesima decisione a discredito non solo dei napoletani, ma dell’intero popolo che ama il calcio. E anche se le decisioni vengono prese d’Agosto, e in tanti sono ancora sotto l’ombrellone, non possiamo rimanere in silenzio.
Il nuovo corso targato Tavecchio, insomma, comincia col botto, e con una norma a dir poco assurda. Continueremo ad aprire bene le orecchie in tutti gli stadi, a stupirci delle ridicole sanzioni del giorno dopo e a guardare avanti per la nostra strada. Ai cori e agli sfottò ci siamo, oramai, abituati da tempo. Così come all’assenza di giustizia.
Raffaele Nappi