L’estate amara di Aurelio De Laurentiis. Ogni volta che Fiorello lo imitava alla radio, a De Laurentiis (“un cognome tronco, con tante “i””) dovevano girare le scatole, anche se il mondo della comunicazione non lo attrae: “Non fanno altro che dire cazzate”. Fiorello lo descriveva come l’imperatore di Capri: uno che atterra in piazzetta con l’elicottero, con le pale taglia gli ombrelloni perché cafoni e risponde solo con insulti, anche se quelli della radio sono niente in confronto agli improperi della vita vera. La gag era godibilissima, e più amara non poteva essere. La tremenda scoppola che il Napoli ha preso in Champions League dall’Athletic Bilbao ha lasciato il segno: per la società campana la ferita è anche economica, qualcosa come 30-35 milioni di euro. Soldi che incasseranno le odiate Roma e Juve.
I rapporti con l’allenatore Rafa Benitez sono ai minimi storici: voleva un allenatore che vincesse in Europa e adesso si ritrova con una squadra senz’anima e senza gioco. L’attaccante Higuain, il pezzo più pregiato, vuol cambiare aria. In passato, alle critiche, un Aurelio sempre abbronzato e impomatato reagiva con veemenza: “Ma che caz… avete vinto a Napoli? Perché io poi me ne posso pure anda’ perché poi uno si rompe i cog… e se ne va. Se io devo stare qui bisogna che tutti quanti armonizziamo… Stiamo con i piedi per terra, perché qui a Napoli non funziona un ca… A Napoli c’è solo il calcio. E allora ringraziatemi”.
Tempo fa, Zamparini del Palermo (Aurelio considera i colleghi presidenti delle teste di…) gli aveva fatto un ritrattino niente male: “De Laurentiis deve fare i film, di calcio non capisce nulla, recita“. Ma anche nel cinema le cose non vanno per il verso giusto. I suoi film di Natale con Christian De Sica, i «mitici» cinepanettoni, non ci saranno più. Dovrà accontentarsi di Lillo & Greg, da quando De Sica gli ha detto addio: “Avrei potuto non firmare tante esclusive con Aurelio. Non voglio dare la colpa a lui, la colpa ce l’ho io, anche di aver creduto alle sue promesse”. Armonizziamo. La sua massima preferita è la celebre battuta di Totò: “Ccà nisciuno è fesso”. Nelle estati amare, però, non sempre funziona.
Fonte: Aldo Grasso per il Corriere della Sera