Chiuso il calciomercato dopo lunghissimi, intensi mesi è giusto tirare delle somme. Il centrocampo è stato senza alcun dubbio il reparto costantemente sotto i riflettori, analizzato, vivisezionato, nella convinzione che dalla metà campo passasse il cambio di passo della truppa partenopea. Si è passati per il sogno Javier Mascherano sfumato alla vigilia del Mondiale, assodata la ferma volontà di Luis Enrique di confermarlo con un ruolo da protagonista in Catalogna: ubi maior minor cessat. Indimenticabili i tormentoni Gonalons e Kramer, in particolar modo il primo, affari praticamente chiusi e poi conclusi con un nulla di fatto. Poi Fellaini, Sandro, Lucas Leiva una girandola di nomi che ha trovato un fermo impedimento nel mancato accesso ai gironi della Champions League 2014/2015.
Nuovi innesti e una risposta agli scettici – I nuovi acquisti De Guzman e David Lopez hanno peculiarità precise e potranno dare un grande contributo al progetto, giocatori affidabili, funzionali, che sapranno dare costrutto seguendo le direttive di Rafa Benitez, centrocampisti con caratteristiche chiare ma che non hanno esaltato il fronte degli scettici, coloro i quali si aspettavano il salto di qualità che in sede di mercato ha stentato ad arrivare. Un partito questo che merita considerazione, rispetto, ed una riflessione, a bocce ferme, senza l’isteria dei rumors e delle bombe di mercato, un semplice quesito: E se “la svolta” il Napoli l’avesse in casa? Se i giocatori per il tanto agognato salto di qualità fossero già da tempo a disposizione del tecnico spagnolo? L’identikit è presto fatto, risponde ai nomi di Marek Hamsik e Jorginho. Giocatori tremendamente diversi ma anche tanto simili, due importanti elementi del gruppo partenopeo che sembrano legati da un unico fil rouge.
Maturazione e personalità – Il blitz di Riccardo Bigon nello scorso mercato di gennaio fu un colpo da maestro, Jorginho era tra le più grandi rivelazioni della Serie A, costantemente monitorato, scrutato, da tanti top club europei, Liverpool e Manchester Utd in primis, senza contare la corte mai velata di Milan e Fiorentina. Un acquisto importante, dall’esborso oculato e non eccessivo, la dirigenza partenopea aveva portato alle pendici del Vesuvio un regista dall’avvenire luminoso, anche in ottica Nazionale, quel palleggiatore che tanto mancava nella faretra del tecnico spagnolo. L’impatto in azzurro positivo, inizialmente senza patire alcun problema di ambientamento, Jorginho sciorinava tutte le sue caratteristiche con disinvoltura, svelto di piede e di testa, pronto a prendere le redini della metà campo, la semifinale con la Roma in Coppa Italia indubbiamente la sua migliore prestazione. Col tempo però le prestazioni dell’italobrasiliano hanno finito con l’appiattirsi. Inghiottito nel centrocampo a due disegnato da Benitez, l’ex centrocampista dell’Hellas non sembra riuscire ad emergere da questo nugolo di prestazioni contraddistinte dal mero compitino, prestazioni da 6 politico, poco incisive, senza alcun graffio se non a sprazzi, con discontinuità. Napoli non è Verona, sebbene la piazza scaligera sia indubbiamente focosa le pressioni, le esigenze in riva al Golfo sono diverse. Prendere per mano il centrocampo azzurro necessita di personalità e spalle larghe, quelle che Jorginho deve forgiare giorno dopo giorno fino all’esplosione definitiva. Uno step successivo che prima dai piedi passa per la testa, fino alla maturazione completa per un ragazzo classe ’91 che ha tutto per emergere, per essere protagonista a tutti i livelli.
Ritrovare Marekiaro – Quello di Hamsik è ormai un dilemma amletico, fiumi di parole, e d’inchiostro, si sono spesi sullo slovacco ormai smarrito. Dov’è il giocatore da oltre 70 goal in maglia azzurra? Che fine ha fatto il talento di Banska Bystrica in grado di esaltare la platea partenopea coi suoi guizzi, con la sua grinta, con la sua voglia costante di migliorarsi e dare il massimo? Marek non è mai stato un fenomeno di continuità, va detto, ma nel non di certo lontano 2012 chiudeva la stagione tra i migliori assist-men europei, oltre alla solita doppia cifra di reti segnate, segno di una consacrazione che sembrava ormai raggiunta. L’arrivo di Benitez, la fascia stretta al braccio dopo l’addio di Cannavaro, il nuovo ruolo e le prime sfide in cui sembrava aver preso con pieno merito i galloni di novello Gerrard, poi il buio, il baratro. Il primo infortunio serio in carriera, una condizione che tarda a ritornare, ma c’è dell’altro. In un Napoli divenuto ormai un’orchestra sotto la direzione del tecnico madrileno il tenore sembra aver ormai smarrito l’acuto, quello conclusivo, da standing ovation e minuti d’applausi. Una batosta non da poco, Marek rappresenta un patrimonio imprescindibile per questo progetto, un calciatore simbolo, un elemento di spicco in una rosa importante, parola al background, e perché no, all’ingaggio. Avere un Hamsik nuovamente decisivo rappresenta uno snodo cruciale per l’economia di una squadra che per raggiungere traguardi importanti, quelli che la piazza richiede a piena voce, non può fare a meno del suo capitano, compito dello slovacco ritrovare sé stesso, ritrovare quell’animo combattivo che ne ha sempre contraddistinto stagioni e prestazioni. Il tempo per gli alibi è finito, è giunta l’ora di prendersi le proprie responsabilità a dispetto di critiche che giorno dopo giorno diventano sempre più feroci.
Palla a Benitez – Giocatori diversi, come abbondantemente appurato, ma legati a doppio filo, entrambi hanno il compito di trovare la forza di emergere e di trascinare, come impone il loro tasso tecnico e la loro qualità. Compito però anche di Benitez quello di cercare, in particolar modo in tempo di vacche magre come è stato per il mercato azzurro, di valorizzare al meglio il patrimonio a disposizione. Perché questo rappresentano questi due atleti, un patrimonio per nulla espresso e che va, obbligatoriamente esaltato. Dove finiscono le colpe dei giocatori in campo, inizia il compito di chi guida il tutto dalla panchina. Da lì qualche appunto al vate spagnolo, con il massimo dell’umiltà dinanzi ad un maestro del calcio europeo. Vagliare opportunità tattiche diverse, alternative a quel 4-2-3-1 che non sembra sempre rappresentare una garanzia in ogni occasione. Un centrocampo a tre che fornirebbe a Jorginho la copertura, la protezione adatta per giostrare al meglio le proprie qualità, come accaduto in passato. Una metà campo più folta in cui utilizzare Hamsik nel ruolo di mezzala che l’ha consacrato a livelli europei, esaltandone l’indiscutibile qualità negli spazi, non più ingolfato nel non naturale ruolo di trequartista atipico. Una maggiore flessibilità a dimostrazione di un’apertura che un grande allenatore, come Benitez indubbiamente è, non può non avere nel proprio ampio bagaglio di conoscenze ed esperienza. Piccole variazioni che potrebbero risultare essenziali per non sprecare un potenziale che a tratti può divenire devastante, a dimostrazione che il gap dalle dirette concorrenti, a metà campo(sulla sproporzione tra l’attacco atomico e una difesa balbettante torneremo), può non essere così abissale.
Edoardo Brancaccio
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Articolo modificato 6 Set 2014 - 17:06