De Guzman, Henrique e Insigne accomunati dallo stesso obiettivo: riprendersi un posto in Nazionale

A ognuno la sua: perché le missioni (im)possibili stanno per partire e conducono direttamente tra le stelle. Pronti, via: destinazione paradiso, che per chiunque (nel calcio) è la Nazionale, quella certificazione di immensità che trascina nell’olimpo degli dei, l’autorevolezza tout court ma anche il fascino e il prestigio racchiusi nell’investitura. Si scrivono De Guzman, Henrique, Insigne (in rigoroso ordine alfabetico) e si ritrovano tre storie eguali eppure così diverse, concentrate però intorno a ciò che rappresenta – per tutti, nessuno escluso – la cima dell’Everest del proprio mondo. La Nazionale è il sogno da condividere, quella vampata di calore che ti prende allo stomaco e si diffonde alla testa, il compimento di un percorso e la soddisfazione di poterselo dire, di raccontarlo a se stesso e poi ai figli ed ai nipotini: ce l’ho fatta.

DE GUZMAN – La Nazionale di Jonathan De Guzman è stata una favola Mondiale attraversata in Brasile, con Van Gaal ct e una macchia d’orange che s’è presa la scena subito, travolgendo la Spagna; poi modificando la propria natura, giocando persino con la difesa a tre. E De Guzman c’era, spesso e volentieri. Poi è arrivato Hiddink, tanto di cappello, ed è stata – come spesso accade – rivoluzione, ribaltone o comunque ritocchino. Ma la corsa è ripartita da Marassi, con una zampata per prendersi la vetrina e farla osservare ad Amsterdam e dintorni: perché l’Olanda a De Guzman piace. 

HENRIQUE – Ventitreesimo, estratto proprio all’ultimo secondo dell’ultimo giorno da un Ct scaduto in fretta ed in malo modo. Il Brasile di Henrique non può finire con l’umiliazione del 7-1 con la Germania, né con la sculacciata rimediata dall’Olanda: non può essere stato tutto sintetizzato in quel bosco in cui è comparso il lupo cattivo ed ha divorato il Brasile, la sceneggiatura perfetta per un kolossal divenuto invece un tormento di massa. Però Henrique ci crede sempre, magari se ne accorge pure Dunga.

INSIGNE – E poi c’è la sfida di Lorenzino, che vorrebbe far sapere a Conte che lui sa fare qualsiasi cosa, pure l’esterno, e vabbé se il Ct lo ritiene tale, dunque non una punta, ma lui si sacrifica con Rafa come si è speso con Zeman (nel 4-3-3) e per ritrovare l’azzurro non si risparmierebbe neanche nel 3-5-2 o in quel che sarà il nuovo credo della Nazionale. La vogliono tutti, a Napoli la rivogliono in tre.

Fonte: Corriere dello Sport

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