Il neo presidente della FIGC Tavecchio è stato eletto, tra le altre cose, anche per attuare un ambizioso programma di riforme del calcio italiano. Si deve innanzitutto dire che non è ancora ben chiaro quali siano queste riforme, tuttavia i rumors giornalistici indicano un’azione che potrebbe muoversi su un duplice piano, campionati ed atleti.
La riforma dei campionati di Serie A e B non è esattamente una novità, l’ultimo tentativo era stato avviato la scorsa primavera dall’ex presidente Abete, ed era andato a vuoto. L’obiettivo è di riportare la Serie A a 18 squadre e la Serie B a 20, ma il nodo tra le due leghe è legato al meccanismo tra promozioni e retrocessioni, la Serie A vorrebbe al massimo una retrocessione diretta con un’altra determinata da uno spareggio tra la penultima di Serie A e la prima non promossa della B, mentre la Lega Serie B vorrebbe un modello “tedesco” con due promozioni/retrocessioni dirette e un terzo posto da determinare con uno spareggio.
Sarà ostico il lavoro di mediazione del Presidente Tavecchio per raggiungere un compromesso tra le due leghe che, è bene ricordarlo, hanno entrambe sostenuto strenuamente la sua elezione.
Per quanto concerne invece la tutela e la valorizzazione dei calciatori italiani, i giornali di questi giorni hanno riportato più volte notizie a proposito di un ventilato obbligo di 4 italiani in campo per la Serie A. Ebbene si tratta di una grossa inesattezza perché qualunque regola imponga l’impiego di un giocatore di nazionalità italiana sarebbe discriminatorio per ogni altro cittadino dell’Unione Europea e quindi ritenuto illegale. Come tutti sanno, ma forse non Tavecchio, nell’ambito dell’Unione Europea è garantita la libera circolazione di cittadini e lavoratori, senza discriminazione alcuna. Un cittadino portoghese ha lo stesso diritto e la stessa possibilità di un italiano di trovare lavoro in Francia rispetto a un francese, e così ovunque nei paesi UE. Non è una novità la proposta ventilata dai giornali, infatti già nel 2008 Blatter, presidente FIFA, tentò di far passare la proposta del 6+5 (6 giocatori eleggibili per la nazionale sempre in campo + 5 liberi). Il Parlamento europeo rigettò questa norma il 9 maggio 2008 in quanto contravviene l’articolo 48 del Trattato Europeo e ovviamente contravviene anche la famosissima sentenza “Bosman”.
Le alternative legali per tutelare la presenza di giovani e nazionali nelle squadre di club sono molteplici, la più diffusa è quella che utilizza la UEFA (adottata anche in Bundesliga e parzialmente nella Liga e in Premier League) per le squadre partecipanti alle proprie competizioni: in sintesi, rosa bloccata di 25 giocatori, tra i quali 8 devono arrivare da settori giovanili nazionali (almeno 4 dal settore giovanile del club e almeno 4 da settori giovanili anche di altri club nazionali). Certamente si può implementare questa norma chiedendo che gli 8 giocatori siano eleggibili per la nazionale italiana (l’UEFA non impone questo vincolo), ma ovviamente non è possibile incidere sulle scelte dei club di schierare o meno italiani in campo.
Non è ovviamente dato sapere che fine abbiano fatto le altre proposte utili a far giocare e crescere i giovani italiani, come le seconde squadre o il migliorare i campionati giovanili per provare ad alzarne il livello. Niente è stato detto o imposto neanche sulla qualità delle strutture che i club devono assicurare per la crescita dei giovani calciatori. Aspettiamo dunque di vedere quali saranno effettivamente le riforme che verranno promosse dal nuovo presidente Tavecchio, sperando che almeno su questo tema non trovi modo di scatenare polemiche.
Andrea Iovene
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Articolo modificato 9 Set 2014 - 10:45