“L’Argentina era un gruppo compatto ed è così che si vince, tutti insieme. Poi, poi avevamo Maradona”.
Pedro Pablo Pasculli, ex giocatore di Argentinos Juniors e Lecce, si racconta in esclusiva a SpazioNapoli. Nell’86 conquistò insieme ai suoi compagni il Mondiale in Messico. Un suo gol contro l’Uruguay portò la Selección a giocarsi un quarto di finale storico: Argentina-Inghilterra. Il match della Mano de Dios e del gol del secolo, quello “del genio del fútbol mundial”.
Signor Pasculli, quando ha capito di poter vincere il trofeo più prestigioso al mondo?
“Non si capisce mai in un preciso momento, noi lottavamo partita dopo partita. Eravamo uniti, la nostra forza era il gruppo. Sapevamo di poter competere ad alti livelli, con giocatori forti e di personalità. Poi c’era un certo Diego…”
Cosa pensò quando prese palla a centrocampo e cominciò a correre?
“Avevamo capito subito che Maradona voleva andare in porta. Lui era così, quando aveva il pallone tra i piedi puntava dritto verso l’area avversaria, in qualunque posizione del campo. E poi, era impossibile fermarlo…”
Una gara storica…
“Fu bellissimo, una soddisfazione immensa. Ci prendemmo una grande rivincita contro gli inglesi, almeno calcisticamente”.
E con El Pibe che rapporto aveva?
“Ottimo, condividevamo la stanza. Era molto contento e fiducioso. Ogni giorno pensava solo alle partite, con lo spirito giusto e con tanta voglia di vincere. Pian piano ci siamo resi conto che potevamo fare strada. Eravamo una famiglia, c’era Carmando, il massaggiatore del Napoli che Diego aveva portato con sé. Stava sempre con noi e cucinava spaghetti italiani per tutti. Ci diede ancora più forza. Anche lui divenne campione con l’Argentina. Fu un’esperienza straordinaria”.
Passiamo al Napoli. Come vede gli azzurri quest’anno? Dopo la Coppa Italia, possono puntare a qualcosa di più importante?
“Mi auguro di sì, abito al sud (Lecce, ndr) e mi fa piacere che una squadra del sud possa fare bene, poi Gianluca Grava è un mio grande amico. Il Napoli però deve maturare ancora un po’ per essere ai livelli di Roma e Juventus. La squadra è forte, ma manca un leader. Un paio di elementi di personalità”.
Higuain può esserlo?
“Non è un trascinatore, è un ottimo calciatore, molto forte, ma non è un leader. Non è in grado di prendere la squadra per mano come possono fare ad esempio Mascherano o Zanetti. L’ha dimostrato anche al Mondiale in Brasile quando, in finale, sbagliò clamorosamente il gol dell’uno a zero”.
Chi le piace di questa squadra?
“È ben organizzata e compatta, non c’è qualcuno in particolare, ma qualcosa: i tifosi. Il tifo dei napoletani è straordinario e i giocatori devono capire che devono vincere anche per loro”.
Napoli e i sudamericani, un legame indissolubile. Maradona, Careca, Lavezzi, Cavani. C’è un argentino o un sudamericano che consiglierebbe a Bigon?
“In questo momento no. Speravo potesse prendere Mascherano, peccato…”
Lei ha allenato la Berretti del Lecce sino alla fine della scorsa stagione. Ci presenta Mattia Persano ed Andrea Cicerello, i due nuovi acquisti del Napoli Primavera?
“Due bei colpi, hanno entrambi grandi margini di miglioramento. Possono crescere e a Napoli ci sono le condizioni per farlo. Persano è un centravanti vecchio stampo. L’anno scorso ha fatto tantissime reti e credo possa ripetersi. Cicerello è un esterno destro offensivo. Rapido e veloce, punta spesso l’avversario creando superiorità numerica in avanti. Anche lui ha un buon rapporto con il gol. Giocavano con il 4-2-3-1, lo stesso modulo utilizzato da Rafa Benitez. Ottime scelte”.
Hanno le qualità e la personalità giusta per far bene in una squadra come il Napoli?
“Penso di sì, se hanno la possibilità di lavorare bene e con fiducia, possono dire la loro. L’anno scorso abbiamo fatto bene e siamo arrivati in finalissima, purtroppo perdendola. Ovvio che con la Primavera è un altro discorso, ci sono squadre più forti che provengono dalla Serie A. Ma sono convinto che si esprimeranno subito al meglio”.
Andrea Gagliotti (AndreaGagliotti)
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