Un brutto lunedì, naturale conseguenza di una domenica da dimenticare. Inutile negarlo: quando il Napoli perde, tutta Napoli è visibilmente diversa: annoiata, pessimista, sbuffante e nervosa. Ancor più poi, quando si tratta della seconda sconfitta consecutiva in campionato su tre gare, ancor di più quando arrivano per mano di Chievo Verona ed Udinese ed anche immeritatamente. I tifosi sono delusi, amareggiati non solo da un inizio stagione in salita ma anche da una squadra irriconoscibile, a tratti senza carattere e mordente, in difficoltà nel trovare la rete, leziosa ed in difficoltà contro qualsiasi avversaria. Il progetto sembra vacillare senza una meta ben precisa e sono numerosi gli interrogativi che si pongono i sostenitori partenopei, molti dei quali figli della confusione calcistica che regna sovrana all’ombra del Vesuvio. Molti di questi aleggeranno nell’etere, ad altri invece, proviamo noi a dare una risposta con la convinzione che sarà sempre il campo ad indicare la via per il prosieguo di una stagione ancora lunghissima e dove tutto può succedere.
IL PRIMO QUESITO. La prima domanda dei tifosi azzurri alla lettura della formazione ieri in campo al “Friuli” di Udine è stata: “Ma Benitez vuole perdere?”. Lo so per certo: assolutamente no. Nessuno vuole perdere: né Benitez, né il magazziniere, nè il massaggiatore, tanto meno De Laurentiis, Bigon o Higuain. Nessuno, per quanto spinto da una forte venea autolesionista o masochista, preferisce essere annoverato e ricordato tra i vinti piuttosto che tra i vincitori. Allora perchè quei cambi? Semplice. Don Rafè è l’unico ad avere la costante fortuna di assistere e dirigere gli allenamenti e ben conosce lo stato fisico e mentale della sua squadra. Poi, a detta del suo curriculum ma soprattutto del campo in questi decenni, sembra proprio che ne sappia di calcio giusto un “tantinello” di più di noi ed avrà avuto i suoi motivi per scegliere quella formazione. Poi probabile che abbia voluto inserirvi un messaggio, che sia riguardo il mercato, gli stimoli di alcuni giocatori o di un mercato in realtà palesemente incompleto. La sconfitta, ahimè, non è stata figlia del turn over ma di un altro dato sconcertante: il Napoli ha creato quindici palle gol non concretizzandone nessuna, mentre l’Udinese ha sfruttato l’unico errore azzurro commesso, conquistando vittoria e tre punti. Eppure il Napoli la forza per primeggiare ce l’ha. E’ la stessa macchina da guerra dei 104 gol dello scorso anno, che non è persa in un giorno. I limiti ci sono, ma più tattici che tecnici: Higuain era troppo solo in area, Michu è ancora fortemente fuori forma, Albiol e Koulibaly commettono sempre un’ingenuità fatale e Maggio sembra aver perso definitivamente la via del cross vincente.
SECONDO QUESITO. “Non capisco proprio perchè il Napoli ha deciso di vendere Behrami e Dzemaili tenendo invece un giocatore come Gargano”. Il “giocatore come Gargano” è costantemente il migliore in campo degli azzurri. Ad una lettura pessimista della questione, verrebbe da sottolineare quanto gli azzurri avevano ed hanno bisogno di un vero top player sulla mediana, cosa che Bigon ha provato a fare ma non concretizzata per diversi fattori e tutti esterni. Il focus però va puntato sul perchè il Mota risulta essere il migliore, sintesi di quanto spesso ins erie A conta più essere motivati e continui piuttosto che dispensare a fasi alterne della qualità che in realtà non serve. i leziosismi ed i personalismi non fanno vincere le partite contro le medio piccole, Danilo e Maxi Lopez ben lo sanno. Un mastino come l’ex interista serve invece come il pane, lui che ha avuto una crescita tecnica esponenziale negli ultimi anni e che in campo dà sempre l’anima, a differenza di compagni di squadra più blasonati. Lui, il primo ad essere sul mercato e poi riconfermato e che in azzurro, contestato dai tifosi, aveva tutto da perdere. Qualche domanda, onestamente me la farei anche io. Per quanto ammiri Behrami e Dzmaili poi, due sono i dati di fatto. Il primo svizzero, era reduce da una stagione partenopea alquanto negativa, ricca di ombre e con pochissime luci, fermato spesso da acciacchi, lento, impreciso e mai a suo agio in campo. Una meteora che voleva andare via. Il secondo, veniva già impiegato con il contagocce, poco disposto alla panchina. Et voilà.
L’ULTIMA FATIDICA DOMANDA. E qui scoppia la bomba. “Basta, Benitez deve andare via”. In questo caso sarebbe davvero la fine. Ma non come ora, quando in realtà si tratta solo di un triplo passo falso ad inizio stagione e con una squadra che, con la forte e vincente ossatura dello scorso anno, deve solo ritrovarsi. Immaginatevi una squadra nuova, alla ricerca della propria identità e smembrata ma fortemente voluta dal tecnico spagnolo, nelle mani di un altro allenatore subentrato in corsa, con magari un modulo diverso e pedine che non conosce e non apprezza. Una tragedia. Immaginiamo poi se non dovesse cambiare nulla, perché i miracoli nel calcio ancora non esistono. Un progetto distrutto. Ma questa volta sul serio. Il Napoli per fortuna non è stato smembrato: non sono stati venduti i “Cavani” e “Lavezzi” di turno, sono state fatte delle scelte in base alle possibili cessioni ed agli acquisti del post flop in Champions. Si poteva fare di più in sede di mercato, questo è indubbio, ma la squadra capace di emozionare, vincere e conquistare trofei c’è ancora. E’ lì, dietro ad un personalismo di troppo ed alla fortuna che aiuta solo gli audaci (avversari). Questione di precisione, di carattere, di concentrazione e di fiducia perchè in realtà solo vincere aiuta a vincere. Cosa fare quindi? Bisogna essere ottimisti, avere pazienza e fiducia, nel Napoli, nel progetto, nella lunghezza di una stagione che è solo al suo inizio, così intensa che ci stancherà. La ruota gira, i veri azzurri non sono di sicuro quelli visti in campionato. Nessuno vuole perdere, nessuno vuole fallire, tanto meno chi scende in campo, chi decide in sede di mercato o chi crea la formazione. Il Napoli si riprenderà questo è certo: perché in realtà, nei secoli dei secoli, lo ha sempre fatto.
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Articolo modificato 23 Set 2014 - 19:40