Al tempo dei social, si facesse la formazione coi “like” (i “mi piace”), Mertens giocherebbe sempre. E’ il giocatore della gente. L’uomo del popolo. Quello che più lo esalta. Lo accende. Lo scalda in quelle serate calcisticamente fredde. Gelide. È accaduto con lo Sparta. Era da brividi. E la temperatura non c’entrava. Sconfitta col Chievo in casa la domenica e cechi avanti al San Paolo per uno a zero. Fischi, striscioni, cori contro e l’atmosfera tipica di Fuorigrotta quando ti gira le spalle. E fa male. E invece ecco lui. Anzi, loro. Higuain su rigore. Pari. E un attimo dopo la più dolce delle palle, uno dei tre assist stagionali del Pipita, il quattordicesimo da quand’è a Napoli.
Higuain spalla di Mertens. Spalla a spalla. Pallone dentro e lui era là. Per il vantaggio. Per prendersi l’abbraccio dei tifosi. Per quella che è stata poi la sua partita. Due reti. Da bomber, la prima. Alla Mertens la seconda, dribblando tutti, fintando anche se stesso, scatto e cambio di passo, una carezza al pallone, il corpo che ciondola come uno sciatore tra i paletti dello slalom, uno sguardo al portiere e rete. Doppietta. Uno, due…
Dries Mertens. Il piccoletto che sa diventare un gigante. E’ arrivato in Italia con la fama di quello ispirato che faceva gli assist. Un centinaio col PSV. Guizzo, lucidità e precisione. Ricami. Quello che serve per mettere in porta il compagno. Ma pure per andarci soli in porta. Mertens il bomberino di Coppa. L’Europa League il suo palcoscenico.
Il Napoli l’ha affrontato, apprezzato e se n’è invaghito cosí. Avversario con l’Utrecht e il PSV. Talento riconoscibile. Puro. Da prendere. Doveva essere il sostituto di Lavezzi. Pure Mazzarri aveva dato il suo ok. E’ arrivato invece due anni dopo. Storie di mercato. Incastri tecnici e finanziari, intoppi, strategie. Un groviglio, sempre. Come le formazioni di Benitez fino a un’ora prima che si scenda in campo. Misteri e silenzi. Qualche indizio a volte. Le sensazioni dello spogliatoio e le indicazioni del campo. Ma mai una certezza, neanche per i giocatori. E allora ballottaggio eterno sulla fascia. Insigne l’opzione solita. Più tattico. Disciplinato.
Corsa, fatica e resistenza. Con la qualità che gli è propria. Mertens l’esplosività, la potenza e, dicono adesso i numeri, l’incisività. Scelte. Sempre in bilico. Da valutare, ipotizzare e soprattutto fare gestendo le energie, esaltando le virtù e percependo gli umori. Insigne titolare a Reggio, Mertens a Bratislava. Così sussurra Castelvolturno. Cosí pare. Lui, il belga, destro di piede largo a sinistra, devastante quando entra a partita in corso, a singhiozzo se titolare. Giudizi, pagelle, commenti da “like” sul pc. Quello che a Benitez dà invece e per fortuna dati, statistiche, flussi di gioco e parametri per non sbagliare. La formazione la sintesi di un’idea, di un sistema definito, di equilibri da trovare e meccanismi da far funzionare. E se giochi ogni tre giorni anche della necessità di fare turn over. Stavolta tocca a Mertens. E pure Benitez mette il suo “mi piace” per lui. Social Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
Articolo modificato 1 Ott 2014 - 09:12