Le ultime conferenze stampa di Rafa Benitez hanno perso calore. Dopo
Udine aveva scherzato sul turn-over quasi giocando con i giornalisti. “Ditemi che cos’è turn-over”. Sorriso sulle labbra ma, dentro, covava una certa incazzatura. L’incazzatura era cominciata dopo il ritorno
dalla vacanza a Liverpool molto criticata. Il Napoli era appena uscito
dalla Champions. Puntualizzò: “Sono l’unico allenatore che vive nel
centro sportivo dove si allena la squadra”. Rivendicò il diritto a una
vacanza per raggiungere la famiglia in Inghilterra avendo lasciato a
Castel Volturno il suo staff di lavoro. Tralasciamo di sottolineare che
cos’è il centro sportivo del Napoli. Dopo la vittoria sul Sassuolo
disse: “Ascoltare cose false non è piacevole. E’ sembrato che dal cielo
fosse caduto su Napoli un allenatore … ma io alleno da 28 anni e il
rispetto non deve mai venire meno”. Non capire il calcio italiano era
diventato un ritornello e un’accusa al suo gioco. Rafa cominciò ad
infastidirsi.
Tartassato dalle domande sul suo rapporto col presidente De Laurentiis,
Benitez ha sempre risposto serenamente. Molti lo hanno accusato di voler
coprire la deludente campagna acquisti, di essere un allenatore
aziendalista, in pratica lontano dai sogni dei tifosi. Benitez ha
incassato senza mai arrabbiarsi. Così anche per le domande sul rinnovo
del contratto. Alla fine, ha staccato la spina del dialogo. Risponde
educatamente, ma gli è morta la passione di stare a Napoli. Questo è
evidente. Le sue conferenze-stampa sono diventate fredde. Nel frattempo,
il presidente è lontano.
Non sarà facile concludere la stagione al meglio. Forse, Benitez ha
preteso molto chiedendo a De Laurentiis infrastrutture e organizzazione
a livello dei grandi club. E’ su questo, sulla “landa” di
Castel Volturno, che l’intesa si è rotta, non sul mancato rafforzamento
della squadra. De Laurentiis non investirà mai su un centro sportivo e
in una sede adeguati, non investirà mai sul settore giovanile. Sono
investimenti a lungo termine che non fruttano risultati immediati di
classifica e di danaro. E sono investimenti fuori dalla sua portata.
In questo modo, Benitez o non Benitez, il destino del Napoli è segnato.
La fortuna di un ciclo positivo si esaurisce e non rimane nulla. Questo
non è solo il destino del club azzurro, ma la sua stessa storia di 88
anni. Bisogna anche riconoscere che, oggi, in una città degradata e sul
fondo di tutte le classifiche di vivibilità e possibilità, non è facile
fare imprenditoria e neanche imprenditoria calcistica. De Laurentiis
aveva un minimo progetto di strutture. E’ rimasto nel cassetto.
Mettiamoci anche l’eterna questione dello stadio. I progetti a Napoli si
sprecano. Realizzarli è difficile se non proprio proibito per le
situazioni ambientali, gli intrichi degli interessi, le pressioni più o
meno dichiarate, gli intralci burocratici e amministrativi e lo spirito
gattopardesco perché nulla cambi. A Napoli un solo presidente costruì
uno stadio e una grande squadra. Fu Giorgio Ascarelli, il primo storico
dirigente azzurro. Ma successe negli anni Trenta e, a Napoli, c’era
possibilità di fare. La sosta induce a queste amare riflessioni. Sul
piano tecnico, poi, l’eventuale conclusione dell’avventura di Benitez a
Napoli propone un salto nel buio e nient’altro. Sarebbe auspicabile che
presidente e allenatore si incontrassero per un compromesso. Ma dai
compromessi non verrà mai la soluzione migliore e non rappresenteranno
mai le basi per un grande futuro. La città sconta anche nel calcio i suoi limiti oggettivi. Non può permettersi che questo Napoli, un’avventura azzurra di alti e bassi, di sogni e delusioni, di promesse e progetti nel vuoto. De Laurentiis, così inchiodato alle difficoltà, potrebbe passare la mano. Ma a chi? Napoli non attira investitori in nessun campo e campa alla giornata trovando qualche occasionale salvatore della patria quando ha fortuna.
FONTE Mimmo Carratelli per Il Roma
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