“Addio ai ‘titolarissimi’, con Benitez tutti i calciatori saranno utilizzati, non ci saranno più gerarchie e giocherà chi è più in forma“, si disse quando il tecnico spagnolo arrivò a Napoli. Fiumi di inchiostro per elogiare il nuovo metodo di lavoro che sembrava entusiasmare gli stessi calciatori azzurri, i quali dichiaravano di sentirsi tutti coinvolti nel progetto tecnico. Ma si sa che soprattutto in Italia, va tutto bene finché si ottengono i risultati e se questi poi non arrivano si mette tutto in discussione, compreso il lavoro di un tecnico che fino a poco prima si elogiava.
MA COS’È IL TURN OVER? Benitez sull’argomento è sempre stato chiaro fin dallo scorso anno: “Non mi piace parlare di turn over ma di gestione della rosa. Cos’è poi questo turn over? Cambiare due, tre giocatori oppure quattro o cinque? Mettiamoci d’accordo e poi ne parliamo. Se vogliamo arrivare al termine della stagione i corsa per tutte le competizioni dobbiamo fare dei cambi. Mi riunisco con il mio staff e facciamo il punto sulla condizione della squadra scientificamente. Se cambio i giocatori è perché voglio vincere, così come voi tutti“. Concetti ed idee che nella passata stagione ha potuto applicare solo in parte e soprattutto in attacco. Troppo poche le alternative a centrocampo ed in difesa, in particolare sugli esterni dove ci furono molti infortuni. Da quest’anno le cose sono cambiate. In mediana può contare su quattro calciatori affidabili, nel reparto arretrato sta cercando di recuperare Britos e ci sono Henrique, Ghoulam e Mesto ancora “a mezzo servizio” , Zuniga è tornato dopo quasi un anno, mentre in avanti oltre che sui soliti noti, può contare su un Duvan con un anno in più e su Michu da lui fortemente voluto. Potremmo discutere della qualità di questi cambi, ma si tratta di discorsi diversi e lunghi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la partita Udinese-Napoli. Gli azzurri erano reduci dalla vittoria contro lo Sparta Praga ma Benitez al ‘Friuli’ si presenta con quattro undicesimi diversi rispetto alla gara precedente. Scelta discutibile quella di Zuniga dietro le punte, in una posizione che comunque il tecnico stava provando dal ritiro e l’innesto dal primo minuto di un Michu evidentemente fuori forma. Gli azzurri non giocano bene, ma non subiscono l’avversario che però con un solo tiro in porta vince. Ergo, il turn over è stato sbagliato.
GUARDANDO AL PASSATO. “Quando arrivai a Valencia e comincia a fare turn-over, dicevano che fossi matto, poi ho vinto due Campionati e una Coppa Uefa“, ha dichiarato il tecnico del Napoli in una delle sue conferenze. Perché quest’abitudine di far ruotare la rosa, risale ai tempi della sua esperienza spagnola. Abitudine che Benitez si è portato con sé in Inghilterra, quando con il Liverpool ha vinto al suo primo anno la Champions e con il Chelsea, dove ha vinto l’Europa League. In queste squadre, pur avendo dei giocatori a cui difficilmente rinuncia (David Luiz, Gerrard, Torres, Mascherano, solo per citarne alcuni), ama alternare i calciatori facendo dai due ai cinque cambi soprattutto in partite molto ravvicinate. Certo, è molto più facile quando si ha una rosa di qualità e quando i giocatori subentranti si chiamano Lampard, Terry, Cole, Xabi Alonso, Ivanovic, ma l’idea di Benitez resta la stessa: bisogna tenere alta la tensione di tutta la rosa. Non a caso ai calciatori la formazione titolare, viene rivelata poco prima del fischio di inizio.
LUI SA COME SI FA. Metodo discutibile? Certo, anche perché nessuno è infallibile tanto meno nel calcio, dove ci sono tante componenti a determinare il risultato. Ma un minimo di credibilità e fiducia ad un tecnico che allena da anni e porta a casa anche dei risultati, bisogna pur darla. Se le sue squadre arrivano a giocarsi semifinali e finali europee, vincendole molto spesso, è segno che la condizione fisica delle squadre a fine stagione è ottima e che lui resta un vincente. Il suo staff infatti, come accade anche a Napoli, monitora ogni singolo calciatore relativamente alla velocità e alla quantità dei chilometri percorsi, alla resistenza fisica e in base a questi ed altri parametri attraverso una tabella, valuta la condizione del calciatore. E’ ovvio che ci sono giocatori con un tasso di qualità tale che se pure non al 100% fanno la differenza (vedi Higuain), ma è altrettanto vero che nel calcio moderno, fatto di corsa, velocità e agonismo, se non si è al massimo della condizione psico-fisica si rischiano brutte figure. Inoltre nella malaugurata ipotesi in cui un calciatore titolare si dovesse infortunare, in che condizione si manda in campo un altro tenuto fino ad allora ai margini della rosa? E’ una questione di mentalità, una mentalità da grande squadra che il Napoli deve acquisire, ambiente compreso magari non scandalizzandosi se un giocatore importante va in panchina e non arrabbiandosi se la formazione nel pre gara appare totalmente stravolta.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo modificato 7 Ott 2014 - 14:14