Il popolo del Nord canta ma non lo fa per inneggiare la propria squadra. Alcune tifoserie alzano la voce fino a perderla non per sostenere i colori nei quali credono ma per perpetuare i soliti beceri cori nei confronti dei napoletani, che, ormai, sono diventati una pessima consuetudine da anni negli stadi di tutta Italia. Le nuove riforme deliberate da Tavecchio poi, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione: mano morbida e niente più chiusure delle Curve: al massimo, i club subiscono una corposa pena pecuniaria, ritrovandosi poi già dalla domenica successiva nella stessa identica situazione. Ben lo sanno i sostenitori di Juventus, Roma, Inter, Verona, Milan ed affini, famosi ahimè, per essere negativamente recidivi. A conferma di ciò purtroppo, proprio ciò che i 5.000 cuori partenopei presenti domenica a “San Siro” hanno dovuto ascoltare: offese di ogni tipo, cori di discriminazione sociale e territoriale per tutto l’arco del match. Il più ripetibile è il consueto “Noi non siamo napoletani”, offesa massima nella testa del tifoso medio avversario che non si rende conto, in realtà, che si tratta di una mera constatazione e di una altissima sfortuna.
Essere napoletani infatti, è una delle cose più belle che possa capitare. Non tutti infatti, hanno la fortuna di svegliarsi e ritrovarsi di fronte uno dei panorami più belli al Mondo: il Vesuvio che lambisce il mare, il Castel dell’Ovo baciato dal sole, i colori, i sapori e le bellezze di una terra che non conosce tristezza. Non a tutti è possibile confrontarsi con persone sorridenti e disponibili, che aiutano anche gli sconosciuti in un momento di difficoltà, sempre pronti per una parola d’appoggio o una semplice chiacchiera, magari davanti ad un buon caffè. Ma quello vero, quello con le tre C, non quello acquoso e lungo che propinano nel resto del Mondo. Non a tutti capita di pranzare con le specialità della zona, sedersi a tavola in famiglia la domenica ascoltando i racconti dei nonni, conoscere la bontà della pizza, del babà o della mozzarella, fare pace con se stessi sul lungomare o godersi una passeggiata nei vicoli partenopei, dove la storia pullula ed è ben palpabile.
Ma non è finita qui: essere napoletani è un segno distintivo del proprio Dna. E’ un marchio che resta impresso all’interno: nel modo di pensare, di parlare, di vedere la vita. E’ affrontare i problemi con tranquillità e non angosciarsi, è dispensare cazzimma a chi lo merita. E’ avere fiducia in se stessi ed amare tutto ciò che si ha intorno perchè è raro ed è un dono. E’ la consapevolezza che intorno persistono tanti problemi ma che ognuno, nel suo piccolo può migliorare le cose. Perchè chi ama non dimentica e soprattutto, l’amore per la propria terra non conosce ostacoli e vincoli. Essere napoletani è anche sentire la maglia azzurra tatuata sempre e comunque. Ma non solo sulla pelle come molti tifosi hanno scelto di fare, bensì nel cuore e nelle viscere, anche nei momenti di difficoltà. E’ una missione costante, contro tutto e tutti, a guardia di una fede, a difesa di una città e di tutto ciò che essa veicola. Essere napoletani è una condizione unica e speciale, che solo chi ha può capire. Quindi, cari amici, quando cantate allo stadio, fatelo sempre e solo per la vostra squadra perché è questo che si aspetta ed è questo che è giusto fare. In fondo è vero, voi siete molto diversi dalla gente di Napoli. E per i napoletani, non essere come voi in questi casi è solo un vanto.
Alessia Bartiromo
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Articolo modificato 20 Ott 2014 - 22:16