Lo ammetto. Prima che cominciasse, era una di quelle partite da andarci con la testa tra le spalle, china, pronti a tutto, anche alla goleada dell’avversario. Era una di quelle partite in cui gli altri dicono che il Napoli nelle sfide importanti si esalta, ma che mentre te lo dicono ripensi a Rafael che sembra il portiere del Subbuteo, a Maggio che non crossa neanche con la Playstation, a Higuain che ha appena sbagliato un rigore, a Zuniga che se n’è andato in vacanza anzitempo e a tutta la mancata fortuna di quest’anno. Prima che cominciasse, era anche una di quelle partite in cui ci vuole compattezza di squadra e almeno un paio di goal in più dell’avversario. Che può sembrare una cosa scontata, ma con il Napoli meglio mettere in chiaro le regole del gioco.
Fatto sta che prima che cominciasse, non avrei mai potuto immaginare una partita così.
Il gruppo sugli spalti è compatto, sono arrivati rinforzi da tutta Italia. A conferma del fatto che, sì, l’aspettativa era alta, ma poteva anche essere un momento di sofferenza. Lo stadio sembra essere un covo di criminali incalliti, a vedere le misure di sicurezza dispiegate. Elicotteri, blindati, controlli. All’ingresso mi tastano di tutto, con solito ammiccamento della steward sul tubo che c’è nella borsa, con lo sguardo di chi ha finalmente scovato Al Capone, fino a quando non capisce che è semplicemente il fodero degli occhiali. Sacrosanti, ma non troppo. Visto che nel riscaldamento prendo Mertens per De Guzman. E ce ne vuole! E giuro di aver fatto una visita proprio pochi giorni fa. Però, almeno, io vedo Gargano che fa il torello. A differenza di chi mi sta accanto che insiste fino a quando non entra in campo con tanto di mascherina. Tanto che la battuta è facile e scontata: “Volevamo a Mascherano?! Mo’ tenimm’a Mascherato!”. E vabbè. C’è anche chi propende per una festa di Halloween durata un po’ troppo per l’uruguaiano. Fatto sta che quella maschera è riuscita nell’intento di farlo sembrare il Cavaliere Oscuro, quando ha affondato nell’area giallorossa quasi fino alla porta. I romanisti si sono fatti prendere dall’effetto sorpresa. Forse, persino, spaventati.
Insomma, quella che doveva essere una prova di forza della Roma, è stato un predominio del Napoli. Ho rivisto De Sanctis dare prova della sua psicopatia in area, contro i suoi difensori. Almeno non se l’è presa con i poveri bimbetti raccattapalle. Ho visto un Totti ridimensionato, e ho visto tutti i suoi anni. Ho visto due goal e un fuorigioco che ci aveva fatto fare le prove generali. Tranne chi, dietro di me, a venti minuti dalla bandiera alzata, ancora esultava. Salvo poi dichiarare teneramente: “Scusate, mi sono sbagliato. Mi sono fatto prendere da un’emotività inconsulta”.
L’1-0 di Higuain è bello. Bellissimo. Siamo letteralmente scoppiati. Poi, ci siamo resi conto che era troppo presto. E che avevamo bisogno di un secondo goal. Ma i nostri giocatori, pur di smentirci, hanno deciso di resistere con un solo goal di scarto fino alla fine. Peccato che hanno rischiato di restare da soli in campo, con i tifosi morti uno ad uno di infarto o fulminati da ognissanti per le bestemmie tirate. Solo uno ha bestemmiato più di noi. Chiaramente, Koulibaly dopo quell’azione stratosferica sciupata dai compagni. Anche lui avrà pensato: “Per dindirindina”, come tutti noi. Sta di fatto che abbiamo sbagliato il possibile e l’impossibile. Addirittura, la diatriba sugli spalti era sulla maggiore gravità dell’errore: lo scavino di Callejon o il tiro maldestro e pure mal sinistro di Insigne? Qualcun altro, poi, ci ha dato altri spunti, ma almeno Callejon ha imparato dai propri errori e al secondo tentativo ha castigato il povero Morgan. Stasera doppia razione di tranquillanti per lui.
Devo dire che avremmo potuto vedere un secondo tempo in relax e invece ci siamo guardati in più di un’occasione increduli. Ma l’abbraccio sul secondo goal è stato la giusta ricompensa per tutti i by-pass nei 90 minuti. A fine partita applaudiamo, cantiamo, acclamiamo uno ad uno i giocatori che escono dal campo. Qualcuno continua a dire che stasera si ubriaca. Vi farò sapere. Ai microfoni parla Benitez, con i giocatori ancora in silenzio stampa. S’ironizza che sia lui il migliore in campo. S’ironizza, ma solo perché oggi è veramente difficile, anche se ognuno di noi avrebbe un nome diverso. Il mio è, senza dubbio, Koulibaly. A voi il vostro.
Torno a casa da mio padre che è senza voce, col sorriso del gattone di Alice nel Paese delle Meraviglie e con la voglia di sapere com’è stato “ngopp’ o campo”.
E io, mentre riprendo zuccheri e forze con il torrone della tradizione, rispondo:
“ ‘Na festa, papà. ‘Na festa!”