“Benitez era arrabbiato, ma ora abbiamo quattro partite importanti per chiudere bene l’anno e dare una gioia ai tifosi che se lo meritano“. Parole e musica di Gonzalo Higuain, tanto tuonò che piovve, il limite è stato sorpassato, l’aplomb, la serafica calma di Rafa Benitez hanno lasciato spazio alla furia, lecita dopo l’ennesimo passo falso casalingo.
Anima più che tattica – Certo, gli azzurri hanno patito evidenti squilibri nella sfida contro i terribili ragazzi di Sarri, un Empoli con il cipiglio di chi ha poco da perdere e allora mette in mostra tutte le proprie qualità, la propria verve che dispone il giostrare calcio al cospetto di qualunque avversario. Ma archiviare tutto con un discorso relativo ad errori tecnici e equilibri del sistema di gioco sarebbe riduttivo, ed il tecnico spagnolo non ha esitato a porre l’accento su un fattore fondamentale: anima, concentrazione, due aspetti fondamentali che tracciano il solco tra una squadra con obiettivi, traguardi ambiziosi ed una compagine che si limita ad annaspare nel guado, come sta accadendo agli azzurri dopo la sosta.
Cambiare registro – Un appello ai leader, scrutando il loro orgoglio, spingendoli a dimostrare che quelle qualità che potrebbero trascinare il gruppo ai vertici del campionato non devono, non possono restare nel cassetto. Spronare Higuain ad una cattiveria che troppo spesso sembra mancare, trascinare Callejon a tornare il giocatore che prima della sosta incantava l’Europa per qualità e quantità, guardare dentro a Marek Hamsik riprendendosi, in senso pratico, quella fascia, simbolo di un trascinatore che ad oggi al gruppo manca. Ma i problemi partono, soprattutto, dalla difesa, è ora che Albiol scacci gli incubi del San Mames garantendo a Koulibaly un compagno di reparto che gli garantisca una crescita completa, dall’alto di qualità ed esperienza. Recuperare le proprie colonne per trascinare l’intero gruppo, consapevole che nelle retrovie scalpitano giocatori come Zapata e de Guzman che stanno dimostrando fame, grinta, voglia di spaccare il Mondo.
Lavorare sulla testa e poi sul campo, l’imperativo per realizzare quanto detto dal Pipita, per dare una scossa ad un ambiente che merita, e necessita, di ritrovare l’entusiasmo perduto.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 10 Dic 2014 - 12:00