È lunedì 22 dicembre e sono le 20, ora italiane. La partita è appena finita, la città è silenziosa, come non mai. C’è nervosismo e rabbia davanti al televisore. Qualcuno sbotta: “Ora basta, se ne deve andare”. Qualche altro inveisce contro il presidente: “È colpa sua, non caccia i soldi. Vuole solo guadagnare sulla pelle dei suoi tifosi. Che schifo!”. San Gregorio Armeno pullula di turisti. Gli altri, invece, scendono in strada a commentare l’ennesima delusione, dopo un avvio di stagione poco entusiasmante. E il morale sta sotto le scarpe. Sarà un Natale di chiavica, per dirla alla Tiki Taka.
È lunedì 22 dicembre e sono le 20, ora italiane. C’è caos e fibrillazione in città. I botti sembrano aver anticipato la vigilia. Le case pullulano di spumanti stappati, le mamme cucinano la cena col sorriso. I ragazzini scendono in strada a festeggiare. Le bandiere cominciano a sventolare, le trombette suonano a palla, la musica in radio passa con il volume al massimo. Ingorghi, macchine strapiene, clacson straripanti: il trofeo è nostro. Altro che Pechino.
Per chi non l’avesse ancora capito, la partita di Doha è tremendamente importante. Lunedì, contro la Juve, ci giochiamo una stagione. Tocca vendicare la sconfitta bruciante a Bilbao, l’inizio di stagione cosparso dai soliti errori. Tocca riscattarsi dopo la figuraccia a San Siro, tocca riprendersi la convinzione di potersela giocare contro tutto e tutti.
Mister Benitez di coppe europee ne ha vinte tante, di sfide così ne ha giocate fin troppe: ma stavolta è diverso. Stavolta ci passa di mezzo un’intera stagione. Per questo non accettiamo bel gioco in cambio di una sconfitta. Si potrà anche perdere contro la Juve, ma i giocatori possono e devono dare l’anima in campo, senza sconti. Perché quei 90 minuti sono dannatamente importanti, per la storia, per la stagione, per un popolo intero. Di passi falsi ne abbiamo visti fin troppi, quest’anno. Vediamo di non intossicarci le feste.
Raffaele Nappi