Il 2014 si appresta ad andare in soffitta, portando in dote un ampio bagaglio di ricordi, dolci e amari. Unilaterale gioia e profondo sconforto, come in quella maledetta giornata, quel 3 maggio – quello si – impossibile mandare agli archivi. Montagne russe mai risparmiate, il tonfo fragoroso in terra basca in agosto ed il trionfo prenatalizio negli Emirati. Nel mezzo un solco importante dalla vetta in campionato e un turno di Europa League superato in surplace. Antipodi costanti, come spesso ci è capitato di osservare, errati proclami e critica talvolta esasperata, nella più classica indole partenopea.
Supercoppa sotto l’albero – Necessario partire però dal dolce finale. Una vittoria sofferta, palpitante, oltre 120 minuti di pura suspance, un thriller da collezione. Da vedere e rivedere, perché vincere a Napoli è sempre qualcosa di fragoroso, indimenticabile. Se poi sei l’unico club in Italia nell’intero 2014 a portare a casa due titoli, l’entusiasmo può sgorgare a fiumi, senza alcun freno. Rafa Benitez ed i suoi ragazzi hanno impacchettato il più gradito dei regali, un trionfo che porta forte i segni delle giocate di Higuain, del cuore di Gargano, le mani salde di un Rafael finalmente in grande spolvero e la verve di un Marek Hamsik ritrovato. Oltre due ore di spettacolo puro, nella coda il più sublime degli epiloghi. Una fine che sa di principio, linfa vitale in vista di un 2015 da assoluti protagonisti, l’auspicio alla vigilia della sfida di Doha era questo, ora la parola passa ai fatti.
Regali tanto attesi – Sarà la Befana a portare il resto, dopo l’abbuffata da Supercoppa ora è tempo di mercato. Innesti oculati, di spessore, in grado di porre il gruppo in condizione di rendere al massimo, senza lasciar nulla d’intentato. Gabbiadini e Strinic sono ormai all’uscio di Castel Volturno. Due colpi portati con largo anticipo, con convinzione, con la sicurezza di un impatto importante. L’attaccante classe ’91 di Calcinate è una delle più importanti realtà di questa prima parte di stagione, 9 reti in meno di 20 presenze tra campionato e coppa, impreziosite da un paio di assist e tanto, tanto lavoro. Gamba, corsa ed un sinistro da stropicciarsi gli occhi. Qualità, duttilità e abnegazione, doti che su tutte stuzzicano il tecnico azzurro, pronto a ripetere quel certosino lavoro che prima della sciagurata serata di Firenze aveva ormai consegnato al calcio italiano il miglior Lorenzo Insigne. L’esterno di Spalato è pronto a giocarsi la sua occasione, dopo Croazia e Ucraina, a ventisette anni pronto il salto verso il grande calcio. Più di trenta presenze con la sua Nazionale, un innesto a costo zero che garantirà esperienza, passo e disciplina difensiva alla corsia sinistra. Primi due colpi in cantiere, a cui manca il sigillo finale, lecito attendersi uno sforzo in più, in particolar modo dopo i rimpianti estivi. Un innesto in difesa ed in mediana garantirebbero alla rosa azzurra la profondità necessaria per reggere l’urto di una lotta su tre fronti che promette di essere serrata. Lavorare in entrata e in uscita con un solo obbligo già sottolineato, ma repetita iuvant: non lasciare nulla d’intentato, dovere inderogabile per la dirigenza partenopea. L’auspicio è che per quell’aura di rimpianto, che ha costantemente accompagnato il 2014, nel 2015 non ci sia spazio. Il percorso sarà lungo, tortuoso, ma per nulla impossibile da tracciare.
Edoardo Brancaccio
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