Bora Milutinovic è il giramondo del calcio, uno degli uomini di sport con maggiore esperienza e soprattutto dal palmares più ricco. Settanta anni, cinque mondiali con cinque Nazionali diverse, parla in sei lingue. Dopo una vita senza un luogo fisso di riferimento, al momento è fermo in Qatar come consulente in vista del mondiale del 2022. I suoi viaggi calcistici lo hanno portato anche all’Udinese,
dove ha collezionato sei sconfitte in nove partite ed un esonero. E’ lui che si racconta in una lunga intervista a Il Mattino per parlare del Napoli e soprattutto, di Benitez.
Cosa Le fa pensare la parola Napoli?
«Per me è legata a vita al nome di Maradona. Nessuno è stato come lui».
Però adesso ci sono Higuain, Callejon…
«Grandissimi giocatori, per carità. Ma non so se avrebbero trovato
spazio nel Napoli di Maradona».
Nostalgia?
«Era un altro calcio, quello degli anni ’80. Tutti mi chiedono le
differenze. Penso che solo Pirlo avrebbe giocato in una squadra del
passato, perché lui è un talento che riesce a vedere…».
A vedere cosa?
«Nel calcio non bisogna correre.
Bisogna usare la testa. Sempre. Capire quello che succede o sta per
succedere. Non sono tanti i giocatori in Italia che potrebbero
giocare in squadre di altri tempi».
Sono passati 25 anni. Adesso c’è Benitez a Napoli.
«È un grande allenatore, preparato, intelligente, competente. Sa quello che vuole da un giocatore. E sa come ottenerlo».
Le piace come gioca?
«Sì, ma deve essere chiaro un concetto. Nel calcio per vincere
contano tre cose: società, allenatore e giocatori. Un allenatore senza i giocatori non può funzionare. Non ha la bacchetta magica. E poi serve una società che pensi a tutto il resto».
Chi è il migliore in questo momento?
«Ancelotti. È perfetto. Ma ha un problema: deve vincere sempre
perché se non vi riesce sono per lui dolori».
Dell’Italia cosa pensa?
«Ho bei ricordi. Ogni tanto vedo qualche partita. Ma in generale la
serie A non è il massimo della vita… Meglio la Liga o la Premier. Forse per questo quando vedo il Napoli penso a Maradona o se vedo il
Cagliari penso a Gigi Riva».
Però la finale di Supercoppa italiana gli emiri di Doha l’hanno voluta a tutti i costi in Qatar.
«E hanno fatto bene. C’è l’esigenza di far capire a tutto il mondo che questo è il posto perfetto per giocare un Mondiale. Non piove mai, non c’è vento: un clima ideale. Poi i progetti da qui a otto anni sono stupendi: stadi incredibili, tutti climatizzati. È stata senza dubbio la scelta giusta e sono sicuro che lo pensino adesso
anche Napoli e Juve dopo essere state qui».
È possibile un bis il prossimo anno?
«Sono tutti rimasti assai contenti dell’evento. Ma non so cosa succederà nel 2015».
Nel ricevimento dall’ambasciatore italiano a Doha, è stato trattato come un guru. Le ha fatto piacere?
«Sono stato assai lieto degli abbracci degli italiani».
A cui è assai legato.
«Guidavo il Costarica, nel mondiale del ’90. Non avevamo maglie per
giocare la partita con il Brasile, e la federazione non aveva soldi per comprarle. Io ero affezionato al bianconero, il colore del mio
Partizan Belgrado e così ne chiesi 44 a Boniperti che ce le regalò.
Quando a Torino ci videro in bianconero urlarono “Juve Juve” e i
miei si montarono la testa. Il Brasile vinse solo per 1-0».
Articolo modificato 27 Dic 2014 - 10:56