Quanto Pino c’era allo stadio “Manuzzi” di Cesena. Chissà se ci ha mai suonato il Nero a metà, nel peregrinare su e giù per il Mondo con la magia della sua chitarra. Quella chitarra che inventava il soul mediterraneo che ci frulla incessantemente nel cuore da sempre; che raccontava di noi e della città azzurra, mischiando gli squarci di vita e panorama alla critica a un potere arrogante e ottuso. Probabilmente anche Cesena, nei quarant’anni di sound unico e geniale, è stata beneficiata dall’immenso talento del nostro straordinario cantautore: ma è difficile che ci sia stato tanto di lui nell’aria, se ha suonato da quelle parti, quanto sul terreno di gioco romagnolo ieri pomeriggio.
È un fenomeno strano: questo Napoli è forse il meno napoletano della storia. A parte il Magnifico Lorenzino, peraltro fermo ai box, la prima squadra non schiera calciatori campani (e pure gli italiani non è che siano tantissimi); la massima dirigenza-presidente, consiglieri d’amministrazione e direttore sportivo – non è nostra corregionale; la squadra si allena e ha il quartier generale in un’altra provincia, quella di Caserta (a Castelvolturno), e torna in città solo per disputare le partite nel discusso e discutibile impianto di Fuorigrotta, e anche su questo si registrano frequenti minacce del presidente di emigrare altrove qualora perduri l’assenza di intese con l’amministrazione comunale.
Eppure ieri si sentiva più forte il legame tra quelle maglie azzurre e l’identità partenopea, così fortemente sollecitata dalla scomparsa di un immenso artista pure avvenuta lontano dalla città. Abbiamo voglia, tanta. Voglia di vincere, voglia di essere visti per quello che siamo, senza la retorica delle simpatiche furbe canaglie e anche senza quella dei poco raffinati malavitosi brutali e violenti. Abbiamo voglia di vincere, rispettando le regole e col riconoscimento di tutti. Abbiamo voglia di vincere, sul campo di calcio e nella vita di tutti i giorni. Abbiamo voglia di vincere nel lungo termine, non solo in sporadiche situazioni uniche ed epiche senza riverberi positivi. Forse questa voglia di vincere i ragazzi in maglia azzurra l’hanno sentita, ieri a Cesena.
E disegnando calcio dalla metà campo in su, di fronte a un avversario obiettivamente inferiore, il Napoli è sembrato limpido e scintillante come nelle migliori occasioni. Vero, la difesa è stata come al solito balbettante e insicura, consentendo occasioni anche a un attacco che è difficile immaginare più scadente e a una squadra alla decima sconfitta casalinga; e pure è vero che il centrocampo dei cursori Lopez e Gargano e la fascia di Britos non lasciano nemmeno al più ottimista la speranza di una costruzione di gioco. Ma perlomeno abbiamo ritrovato i nostri grandi campioni, pronti all’acuto nella serata del ricordo della musica che non c’è più, ma che ci sarà per sempre.
Voglia. Avevano voglia di gol e di gioco e di vittoria, Callejon, Higuain e Hamsik. E si portavano dietro i difensori confusi e incapaci di comprenderne le geometrie, che si snodavano complesse e semplicissime a grande velocità nella tre quarti avversaria. Noi tifosi, davanti agli schermi o nei freddi spalti romagnoli, ci eravamo augurati una grande prestazione. Sì, ce l’auguriamo ogni volta: ma questa partita era speciale, perché ricordavamo ieri sera un pezzo importante di noi stessi che non vogliamo perdere, dal quale non ci vogliamo distaccare. E i ragazzi in maglia azzurra si sono ritrovati a essere più napoletani di quanto siano mai stati, recependo la nostra voglia e facendola propria, segnando quattro gol e creando almeno altrettante occasioni, per dimostrare che la Supercoppa è pura benzina nel motore morale della squadra, che c’è un filo forte di comunicazione coi tifosi, e che il panettone non pesa sullo stomaco.
Hanno dimostrato, i ragazzi, aldilà delle consuete amnesie e dei passaggi a vuoto ai quali ci hanno purtroppo abituato, che questo Napoli ha qualcosa da dire, nel prosieguo della stagione. Che il terzo posto in condominio è una premessa e non certo il punto d’arrivo. E che il confronto con la lepre bianconera atteso domenica prossima arriva proprio al momento opportuno, quando alla voglia dei campioni si aggiunge quella di Strinic e Gabbiadini ansiosi di dire la loro, e di dirla forte. Tutto un antipasto, insomma: perché, speriamo con la meravigliosa premessa delle note di Napule è, è domenica sera che vogliamo rivedere la voglia in campo. Perché non sappiamo immaginare un modo migliore di ricordare quel grande napoletano che è stato ed è Pino Daniele che battere la Juventus, per ricominciare a giocare un campionato che è tutt’altro che finito.
Fonte: Maurizio de Giovanni per Il Mattino