“Vuie sit’ pazz. Se potesse parlare oggi Pino Daniele direbbe questo, perché il teatrino trash che si sta mettendo in piedi dopo la sua morte è a dir poco vergognoso”.
Vergognoso, trash, disgustoso, osceno. No, cari amici. Non stiamo commentando l’ultima uscita di Miley Cyrus o dell’ultima volgarità sparata da qualche leghista eurodeputato. È semplicemente il pezzo scritto da Selvaggia Lucarelli su Libero per commentare la morte di Pino Daniele.
Ora, carissimi amici, sappiamo bene che non bisogna alimentare troppo le polemiche, soprattutto con chi, con la polemica, ci mangia tutti i giorni. Ma sprecherò un po’ del mio tempo per rispondere alla nota opinionista di Libero, chiudendo una volta per tutte il discorso.
Sì, perché quando è troppo è troppo, carissima Selvaggia. Perché di polemiche sui fan “esagitati”, sul troppo calore partenopeo, sulla solita “sceneggiata”siamo stanchi. Perché siamo stanchi dei soliti maestri e moralizzatori, che vengono a bacchettarci sul nostro “troppo amore”,sulla troppa emozione, troppa vita, troppo tutto. Perché per ricordare Pino Daniele non c’è bisogno di scomodare Lucio Dalla, e il suo legame alla città di Bologna.
Ognuno, qui, vive come vuole, e muore come vuole. E non c’era bisogno di ricordarcelo, cara Selvaggia. Così come non c’era bisogno di porre l’accento sul solito eccesso napoletano, trasformando il dolore in sceneggiata.
Si chiama sciacallaggio, a casa mia, mica giornalismo. Che ne sapeva, lei, carissima Selvaggia, del flash mob in piazza Plebiscito? Che ne sapeva dei cori spontanei, delle chitarre acustiche e dei telefoni alti nel freddo? Lei c’era, carissima Selvaggia? Ha potuto vivere l’emozione di quel momento, sperimentare il sentimento della gente che era lì, mossa dalla forza della musica e della passione? Era con lui mentre si lamentava dell’esuberanza eccessiva da parte dei fan partenopei?
A che titolo parla di “scempio imbarazzante”, di “oscenità”, di “arroganza”? Arroganza, poi, da parte di chi? Dei fan in fila per omaggiarlo? Di quelli partiti da lontano per farsi il segno della croce davanti a una bara di legno? Di quelli che hanno preso un permesso da lavoro pur di essere presenti?
Mi verrebbe quasi da dire, carissima Selvaggia, che ne può capire lei, di noi napoletani? Lei che è nata a Civitavecchia (non è un’offesa, per carità, ma solo un’indicazione geografica)? Lei che ha passato la vita tra ospitate all’Isola dei Famosi, tra programmi come “La Fattoria” o “Cominciamo Bene Estate”?
Non mi spingo oltre, e mi rendo conto di aver perso fin troppo tempo a cercare di spiegare cose che nessuno, forse, capirà mai. Perché chi non è di Napoli non può capire. E tra le tantissime cose scritte in questi giorni, una delle poche sensate è quella di un mio collega: “Dicono che siamo retorici, vittimisti, usano la parola “sceneggiata” come se fosse un’offesa. Niente di tutto questo, siamo semplicemente fieri e orgogliosi di essere napoletani. Non siamo migliori di nessuno perché in questo Mondo nessuno è, e deve essere, migliore di nessuno. Per questo non rompeteci le scatole e se non vi va bene non ci guardate, tanto il problema sarà il vostro”.
Con tutto il rispetto, buona carriera, carissima Selvaggia.
*Nota al titolo. Famoso detto napoletano: Pure le pulci hanno la tosse. Anche chi non vale nulla si permette di sentenziare.
Raffaele Nappi