La montagna ha partorito un topolino, Napoli-Juventus era la sfida con la quale lanciare il cuore oltre l’ostacolo. La possibilità, per gli azzurri, di affacciarsi dove osano le aquile. Un dentro o fuori quasi definitivo per vantare ambizioni sempre più elevate. Le ali dell’entusiasmo si sono purtroppo sciolte in una struggente, per ben altri motivi, serata al San Paolo.
Passo falso – L’arbitraggio particolare, e ci limitiamo a questo, non ha di certo orientato la sfida in discesa, tutt’altro. Ma gli azzurri hanno sciorinato, al cospetto della prima in classifica, la propria versione spaurita, quella che troppo spesso ha balbettato in questa stagione. La voglia di lottare, la fatidica – e sempre apprezzata – maglia sudata, non è mancata. Ma del Napoli frizzante, arioso, in grado di far male con costante imprevedibilità, di quell’11 in grado di strabiliare, rendere al meglio, con intensità e naturalezza, non c’è stata alcuna traccia. Imbrigliati tatticamente, gli interpreti non sono stati in grado di rivoltare il verso del match. Una sensazione di impotenza che ha aleggiato per buona parte di una gara dove rincorrere è stata la prassi.
Cali di tensione – Un Napoli Giano bifronte, un leit motiv che rischia di accompagnare l’intera annata. Troppe volte questo gruppo ha dato l’impressione di trovare la svolta, altrettante è stato quasi immediatamente costretto a ridimensionarsi. Il dato resta eloquente: mai raggiunte le tre vittorie consecutive in campionato, sintomo di una cronica mancanza di costanza nei risultati, di quel filotto necessario per cambiare le sorti della stagione. Necessario per la truppa di Benitez rialzarsi subito, con la consapevolezza che il terzo posto andrà conquistato lottando, fino alla fine.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 12 Gen 2015 - 01:43