Sette mesi dopo. Domenica ad ora di pranzo il Napoli torna all’Olimpico per la prima volta dopo la sciagurata notte del 3 maggio scorso. Tornano i calciatori, molti dei quali alzarono al cielo una Coppa Italia mai entrata nel cuore. Ma i tifosi, i tifosi veri, quelli che Ciro Esposito continua a rappresentare anche da lassù, restano a casa. Così come resta chiusa la curva Nord della Lazio dopo i disordini nel derby. Napoli nuovamente di scena all’Olimpico, dicevamo. In quello stadio che dopo quella notte, anche solo per orgoglio, avrebbe dovuto lanciare messaggi di speranza e riscatto. E, invece, sarà uno stadio senza vita.
In quel luogo poi, come un incrocio di scherzi del destino. Perchè il Foro Italico è uno di quei teatri in cui lo sport non muore mai. Intriso di storia ed emozioni. Basti pensare allo Stadio dei Marmi e alla sua cornice di imponenti statue che ricordano atleti di un tempo che fu. Un prioettile conficcato nel corpo già straziato di un’icona epica. Questo è quanto accadde negli scontri precedenti la finale di Coppa Italia. Ma continue coltellate le riceve puntualmente dai suoi stessi concittadini. Ogni derby della Capitale è una sentenza già scritta, con schermaglie e disordini tra tifosi di Roma e Lazio sempre consentiti e mai nemmeno attenuati.
E per garantire le gare cosa si fa? Tutti a casa, anche coloro che amano solo le curve e non i tafferugli. Motivi d’ordine pubblico. O meglio, incapacità di gestione degli eventi. Vi suona familire, no? Chi si è preoccupato di garanitre la sicurezza dei cittadini quella sera di sette mesi fa? Lo Stato? Ah ah (risata). Sonora e disincantata. Ah no, aspettate. Genny a’ Carogna. La “trattativa”. O chissà quale altro tormentone mediatico, pur di non ammettere le proprie colpe. Un’incompetenza e indifferenza diffusa che è solo traslocata dalle poltroncine della Monte Mario alle poltrone dei palazzi del Governo. L’inadeguatezza è divenuta incancrenirsi di un’immobilità. E siamo di nuovo qui, l’anno nuovo ha appena tagliato il nastro, è non c’è stata alcuna evoluzione. A parte la farsa della tessera del tifoso, con una validità ancora tutta da decifrare. Uno stadio semi-chiuso è la soluzione alla fonte per evitare disastri. Ma non evita l’ennesima sconfitta della diplomazia, dello Stato di diritto e di noi tutti. Anche dei proclami della coraggiosa Antonella Leardi. L’amore è costretto ad inginocchiarsi di fronte agli interessi delle caste.
Un’amarezza che difficilmentte si accantona, proprio nella settimana in cui erano già bastate le altre. Non parliamo solo di quelle meramente calcistiche. Parliamo di dichiarazioni inneggianti alla violenza, tanto care al dottor Nicchi. Bene, voi in quale categoria piazzereste le tanto attese confessioni di un inetto come De Santis al settimanale “Panorama”? “Ho premuto io il grilletto – ha raccontato – ho dovuto sparare altrimenti quei tifosi avrebbero ammazzato me”. Poverino, che tenerezza. Va in giro a lanciare bombe carta contro gli autobus con una pistola in saccoccia (perchè non si sa mai) e poi rischia di rimetterci le penne. Però, grazie al cielo, è salvo. Ha solo ammazzato un ragazzo di 29 anni. Le parole di un uomo così vile e senza scrupoli ancora sbattute in prima pagina. Dove possono condurre se non ad un ulteriore odio? Non è un tesserato, quindi non possiamo chiedere il deferimento. Chissà se almeno marcirà dietro le sbarre. Ma tutta la maleodorante spettacolarizzazione prodotta intorno al fenomeno calcio non fa altro che allargare le macchie d’olio fetido sulle quali ben presto scivoleremo.
E allora non diamola vinta ai detrattori della vera essenza di questo sport e concludiamo dando uno sguardo alla sfida di domenica. Nella cornice spettrale dell’Olimpico gli azzurri troveranno di fronte una Lazio in gran forma, reduce da sette risultati utili consecutivi. E l’ultimo lunch match con i biancocelesti non si cancella facilmente: 4-3 al San Paolo con rimonta e tripletta di Cavani. Difficilmente, in realtà, questa sfida non è stata vibrante e avvincente. Banco di prova affascinante dopo la debacle con la Juventus, della quale è meglio dimenticare subito ardori e polemiche. Il Napoli, al netto di episodi sfavorevoli, può e deve dare di più. Con l’aggressività e la convinzione del gruppo ritrovati, magari, nell’asado cucinato da Britos a Castevolturno. Per rosolare sulla brace e rendere gustoso quel pezzo di storia ibernata chiamato Olimpico.
Ivan De Vita
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